Tutti ballavano, tutti
alquanto sudati, accaldati dalla sala piccola e strapiena, felici di muoversi
con la musica e in compagnia di così tanti amici, contenti di quell'euforia che
prende quando la musica è alta e penetra fin dentro, ti rimbambisce e ti svuota
di tutto, e allora ti ritrovi in volto quella faccia da ebete che si scatena.
Ognuno ha il suo modo di ballare e se qualcuno si fermasse ad osservare ogni
singola persona non potrebbe fare a meno di ridere: quella balla davvero bene,
e in effetti è una ballerina, ma balla troppo bene e sembra un po' fuori posto
visto l'ambiente, quello invece si muove come se fosse stato morso da un ragno,
oppure come se avesse sotto i vestiti una colonia di pulci che lo scuotono come
un lenzuolo, …
Tutti ballavano e
qualcuno con il bicchiere ghiacciato in mano: alzava il braccio con l'illusione
di sballottare meno il bicchiere, in contemporanea 'nascondeva' la testa vicino
all'ascella, quasi si stesse mettendo sottocoperta, al sicuro da qualsiasi
goccia. Ci sono quelli che cantano tutte le canzoni, anche quelle che non
conoscono, e muovono le labbra a caso, tentando di intuire quale potrebbe
essere il verso che dovrà fare ben presto.
Tutti ballavano, tutti
'cantavano', urlavano, si agitavano, ridevano, scherzavano, qualcuno, in mezzo
alla pista, tra i lampi dei fari e delle luci, 'approcciava' - parola che ovviamene non è assolutamente
tipica di quest'epoca! - quella ragazza particolarmente brilla.
Leo non ci riusciva
proprio più: gli piaceva ballare, e non poco, si scatenava come non mai e
agitava ogni sua parte del corpo come se non ci fosse un domani, ma proprio
adesso non ce la faceva. Sedeva solo, le gambe accavallate, le braccia
abbandonate sui braccioli con i palmi delle mani verso il soffitto; l'occhio
vuoto vagava di tanto in tanto di qui e di là, scrutando nella poca luce a
intermittenza della sala: ogni tanto sorrideva per una mossa particolarmente
buffa, ogni tanto si limitava, passandosi una mano sulla faccia, a vergognarsi
per la persona che - evidentemente - si stava rendendo più che ridicola!
Tra quelle persone
erano quasi tutti amici suoi, la metà amici e l'altra metà compagni di scuola,
qualcuno era amico di amici, ma anche questi estranei li aveva già incontrati
altre volte, ad altre feste, e ormai ci si conosceva un po', quel tanto che
basta per ricordarsi di quale nome mettere subito dopo il 'ciao' di
circostanza.
Dall'altra parte della
sala ballava lei, priva di ogni freno, non volgare!, ma straordinariamente
sciolta: Leo aveva imparato in questi anni che quando ballava lei diventava
un'altra, che lei con un po' di musica nelle casse si liberava e si realizzava.
A fianco a lei ballava un'altra sua compagna di scuola, decisamente e
palesemente ubriaca: ad ogni minimo movimento il tutto barcollava e ogni sua
parte del corpo dondolava di qui e di là da ogni parte come una trottola che
sta per esaurire la sua carica e inizia a traballare sul suo asse. E invece là
Giorgio: divertito, ma non perso nella foga del ballo, si muoveva a tempo,
senza eccedere, con un lieve sorriso, ma senza quell'euforia che invadeva
ognuno in quella pista; il suo ciuffo liscio scivolava dietro l'orecchio
destro, fissato sapientemente con qualche colpo di phon e l'ausilio di lacca e
cera per capelli: il ciuffo era bello gonfio e ricadeva di lato come una pinna
sinuosa, appoggiandosi su quella parte della testa che la moda pretendeva
rasata. Non badava a Leo, intento com'era a far finta di essere gasatissimo in
mezzo a quella ressa, e d'altronde non avrebbe potuto nemmeno accorgersi di
Leo: questi lo osservava da seduto, nascosto da un bel po' di persone e sapeva
dove guardare, invece Giorgio era in piedi, circondato, e non avrebbe saputo da
che parte cercare lo sguardo di Leo.
La musica continuava e
qualcuno ogni tanto si staccava dalla folla di 'ballerini' per portarsi al
bancone e prendere qualcosa di ghiacciato e alcolico per continuare la serata:
Leo non beveva; ne aveva tanti di vizi, come anche quello del fumo, ma non gli
piaceva ubriacarsi - senza contare che per quella sera doveva essere l'autista
di troppa gente.
"Che palle che
ore sono? Le 11 e 37 … dobbiamo tirare avanti fino alle due almeno! Sarà anche
il caso che mi rimetta un po' a ballare, giusto per far passare il tempo … No
ma sono troppo stanco! Ah, aspe'! Sì! Ho ancora due sigarette!: mi
sacrificherò!"
E si alzò, prese il
suo giubbottone caldo e si arrampicò con un po' più di brio verso l'aria gelida
della notte: fuori non c'era - stranamente - nessuno e i lampioni illuminavano
una strada vuota e estremamente silenziosa; i rumori della discoteca erano
sotto terra, lontani e chiusi dietro due porte.
Si portò in mezzo alla
strada e si accese la prima sigaretta. Inspirò e senti il calore diffondersi,
quella pace dei sensi tanto adorata: nella luce della notte chiuse gli occhi e
alzò il capo, la fronte verso il cielo; espirò e fece una mezza piroetta in
mezzo alla strada, incamminandosi di nuovo verso l'entrata.
Sedette con le gambe
larghe.
«Non ti trovavo più»
«Mhm, scusa! Avevo
voglia di una sigaretta: vuoi un tiro?»
«Sì grazie»
Leo allungò la
sigaretta a Giorgio mentre questo si sedeva al suo fianco, vestito solo con la
sua camicia bianca e un cardigan dal taglio decisamente strano.
«Non hai freddo»
«Non ora! Perché non
eri a ballare?»
«Non ho troppa voglia:
sono stanco. Vorrei essere nel mio letto!»
«AHAHAHAH sei proprio
vecchio dentro!»
«Ma fottiti! Sono
stanco e non ce la faccio più: tu perché non stai più ballando?»
«Te l'ho detto: non ti
trovavo più!»
«Ti va di venire a
prendere le sigarette? C'è un tabacchino poco più avanti»
«Ok, ma dopo
balliamo!»
«Okke, ma … non prendi
il giubbotto??»
«No! C'ho un caldo
addosso!»
Si incamminarono
mentre Giorgio aspirava l'ultimo tiro.
«È da un sacco che non
ci si vede, Leo?»
«Eh, tu sei sempre a
fare qualche partita o qualche allenamento»
«Ma che cazzo dici?!?!
Sei tu che sei un vecchi ed esci ogni trecento anni!»
«Semplicemente non
vado matto per le serate: mi piace ballare, e mi diverto, ma nulla batte il mio
letto caldo e il mio cuscino!»
«Vedi! Vecchio dentro
proprio!»
Scoppiarono a ridere
entrambi e poi calò il silenzio: ciondolavano tutti e due, Giorgio canticchiava
la musica che aveva sentito appena prima di uscire in cerca di Leo; Leo non
pensava, semplicemente teneva la testa china verso terra, cercando di evitare cacche
di cane.
«Sai … penso che
Teresa e Vittorio alla fine si rimetteranno insieme: li hai visti prima come
stavano ballando; a un certo punto mi aspettavo che si mettessero la lingua di
traverso l'uno dell'altro!»
«Sì e se si rimettono
insieme siamo da capo: tra qualche mese verrà fuori che lei si è fatta un tizio
una sera, oppure che lui si è limonato una al Luna Park!»
«Secondo me invece
stavolta possono riuscirci: stasera non si baceranno»
«Perché lo dici?»
«Ho parlato con
Teresa: hanno ripreso a sentirsi da qualche tempo e lei mi fa che se fosse per
lei gli sarebbe già saltata addosso! Io ho detto che non deve farlo perché
rovinerebbe tutto, cioè le altre volte hanno iniziato alla grande e poi sono
finiti a cornificarsi a vicenda, se invece stavolta riuscissero a creare un
rapporto un po' più solido chissà …. e poi ne ho parlato con Vittorio e - senza
che io gli avessi detto nulla - mi ha detto praticamente le stesse cose!»
Non camminavano più:
mentre Leo stava parlando, Giorgio si era fermato, immobilizzato ad ascoltare
l'amico e questi si era adeguato, fermandosi a sua volta, non smettendo di
spostare lo sguardo da qui a lì, da lì a là, da là a qua e via andare.
«Che cosa c'è? Perché
ti sei fermato: ti vien da vomitare?»
«No»
«Be', allora?»
«Be', allora?»
«Tu pensi che davvero
un amore si debba basare sull'amicizia, prima che sull'attrazione fisica?»
«Che domandona!
Pensavo tu fossi brillo! No, non lo credo: l'attrazione fisica è la prima cosa,
ma credo anche che la si debba controllare, la si debba sottomettere perché
dall'attrazione fisica nasca un'attrazione di altro tipo, un qualcosa di più
'spirituale'»
«Giuro che ho capito
cosa intendi, nonostante la faccia da pirla che penso di avere in questo
momento»
«Non hai la faccia da
pirla … stranamente …»
«Che strooonzo!»
«AHAHAHAHAH lo sai che
ti voglio tanto bene!»
«Fottiti: anche io!»
E ridendo e scherzando
e ancora ridendo si incamminarono nuovamente verso il tabacchino.
«Leo …»
«Sì?»
«Ho freddo adesso …»
«Te lo avevo detto,
pirla!» sorrise.