‘Cosa lasciamo
al mondo? L’impronta che ognuno di noi fissa sul suolo del mondo c’è, ma non si
vede, forse perché la Terra è uno spazio troppo grande? Forse perché la nostra
impronta è in realtà un nulla? Forse non la lasciamo questa famosa impronta …
la scienza ci dice che ne lasciamo una, misurabile e in un certo qual modo
definibile: ciò che mangiamo, l’aria che respiriamo, l’acqua che utilizziamo,
tutto ciò che viene a nostro contatto in qualche modo è un segno che noi
lasciamo, probabilmente non c’è ‘l’etichetta’ su quello che lasciamo e nessuno
saprà che sono stato proprio io a lasciare quel segno, ma qualcosa rimane … ma
è l’unica impronta, questa, che io posso sognare di lasciare su questo mondo?
No io non ci credo, non credo affatto che questo sia quello cui sono destinato!
Io non ci credo! Io credo che lascerò qualcosa, che io debba lasciare qualcosa
…
Ho letto
Dostoevskij, e si parla di coloro che ‘hanno il diritto di commettere delitti’,
poiché sono personaggi grandi, e il delitto, per loro, non è altro che come una
formica, fondamentale per la sopravvivenza del formicaio (=l’opera), ma
irrisoria rispetto alla grandezza di questo formicaio! L’esempio è Napoleone!
Ebbene io voglio
essere un Napoleone, voglio che la terra tremi sotto i miei piedi, che la gente
dica il mio nome, non con paura, ma con rispetto! Voglio che le persone
sappiano la mia vita, mi conoscano, abbiano il desiderio di sapere tutto di me,
voglio combattere per tenere nascosta la mia privacy, voglio … voglio il mio nome
scritto sulle insegne, voglio il mio nome diffuso come una macchia d’olio, e
vorrò non poter riposare in pace, quando i miei giorni saranno finiti, perché
mi rimpiangeranno, ancora vorranno che io rimanga con loro!
Sono
egocentrico, sono pazzo, forse, ma voglio la fama, la gloria, il ‘trionfo’ dei
cesari, le lodi dovute a un divo … pazzia? Forse, sì forse è pazzia … non è
giusto, l’ambizione non è cosa buona, ma posso io rinnegare ciò che nel mio
cuore grida, urla come un lupo alla luna, e intanto proprio il mio cuore si
strazia, si dispera per ogni successo dell’altro … sì sono geloso, invidioso,
avido, ma non riesco a controllare questo, non riesco … non mi riesce! Io mi
odio per questo, ma nello stesso tempo … non posso farci nulla … so che è un errore
questo mio morboso pensiero, ma è incontrollabile: la sera, prima di dormire,
mi faccio l’elenco delle cose in cui fallisco, delle cose in cui ‘devo’ essere
perfetto, l’elenco della mia gloria. Ma forse propri questi sogni sono
d’intralcio a ciò che essi stessi contengono. Mi perdo nei voli della fantasia
e non stringo nulla, non possiedo niente, rimango un miserabile. Un miserabile.
Proprio ciò ch
e odio di più,
in realtà e ciò che sono a causa di questo mio odio! È un circolo vizioso, e mi
pare infinito, incontrollato e incontrollabile.
Disperazione!
Ah! Che odio in
questi momenti in cui prendo coscienza che tutto quello che ho non è aria, non
fumo, ma direttamente nulla!
Ma io sarò
qualcuno, devo essere qualcuno, altrimenti mi logorerò in eterno e nella tomba,
invece che non riposare per i richiami di quelli che mi ricordano, sarò
talmente miserevole e miserabile che nemmeno i vermi oseranno attaccare la mia
carne!
Odio!
Odio! Odio!
Questa è una
malattia, forse, molto probabilmente, ma non so se ho il desiderio di guarirne,
in fondo è piacevole anche questa sofferenza. Mentre scrivo ciò mi ritorna
ancora in mente Dostoevskij, un po’ mi sembra di rileggere le parole
dell’inizio delle ‘Memorie del sottosuolo’ … ma io non sono il sogno di un
grande scrittore, io sono proprio io, sono un essere vivente in carne ed ossa
che si strugge.
Io mi struggo
per la mia orrenda esistenza, che in realtà (e di questo me ne accorgo nei
pochi momenti di lucidità che questa ‘malattia’ mi concede) non è affatto
orribile: sono amato (credo) e potrò evolvere.
Ma comunque il
desiderio irrazionale mi pervade e mi stravolge. Non è giusto! La
consapevolezza di avere un problema non è affatto un passo in avanti verso il
suo superamento, se tale problema è in realtà così amabile agli occhi!
Ma anche questo,
in fondo, è frutto di quel desiderio insano, figlio di questa mia malattia che
mi colpisce da qualche tempo.
Disperazione!
Ah! Che piacere
questa disperazione che mi strugge!’