martedì 25 novembre 2014

LACRIME

- Il rumore non è più di campanelli, ma un suono assordante: li si sente arrivare di lontano, con i loro nuovi carri; la veste non è più nera e ruvida, ma liscia e bianchissima stretta e resistente; le maschere ci sono ancora, però non esiste più un lungo becco dove mettere erbe miracolose; se senti quel rumore ti chiudi in casa e speri con tutto il cuore "Fa' che non sia io..." E poi arrivano ... se arrivano non c'è quasi più speranza, se arrivano la tua ora è quasi certa, se arrivano sai che muori:o sei tu già malato. o ti controlleranno, mischiandoti a persone malate, e allora sarai malato e morirai.
Non è più la peste nei lazzaretti. Non il morbo dei lanzichenecchi: è l'undicesima piaga, è l'ebola africana.

- Camminano come delle persone importanti e superano le loro case e i loro negozi: storcono il naso. Loro sono cristiani, a ogni battesimo tutti si riuniscono e ci si veste a gran festa, si beve,  si mangia,  Evviva!
Però storcono il naso, ogni volta che ce n'è uno vicino si stizziscono: quello puzza, questo ruba il lavoro al mio figliolo che  mi rimane a casa sul divano, quest'altro spaccia ai nostri ragazzini, quello sicuramente  è un ladro, quell'altro ancora finirà per stuprare qualcuno, speriamo non mia nipote Teresa,  ché è tanto carina!e guarda là: quella è una prostituta,  mi sembra di averla vista sul viale del cimitero. 
Camminano come delle persone importanti ... sono cristiani ... però storcono il naso ...

- Tornando a casa tutti si era sotto la pioggia, tutti stretti sotto il proprio ombrellino colorato. La città con la pioggia è un tripudio di automobili  e smog (anche se grazie  a Dio l'acqua incessante aiuta a non sentire l'inquinamento!) e in fondo mi piace non poco: c'è una certa atmosfera. Le luci delle automobili sono tutte scomposte dalle goccioline e il cielo, nel pomeriggio, è scuro in una maniera strana, insolita ... 
L'altra sera camminavo veloce perché a casa mi aspettava un'interrogazione alquanto noiosetta e non ero così attento a ciò che mi circondava.
Poi alzai lo sguardo perché dovevo attraversare e ... be' una sciurina (=signora anziana piccoletta) camminava sotto la pioggia nel suo maglione largo di lana, piegata in due sulla sua bicicletta che spingeva a fatica, un piccolo sacchetto di plastica stracolmo di chissà che cosa: era incurante del tempo inclemente, era assolutamente sorda ai rumori della città, parlottava tra sé, china su se stessa. Una vecchietta bianca e sola.

- Superate sono le antiche guerre in cui grandi e potenti eserciti assediavano una città intera perché di religione diversa; lontane sono le crociate contro Solimano. Oggi il nostro mondo è un mondo di pace e serenità, in cui non ci sono più i grandi conflitti di religione!
No?!
Mi sono perso qualcosa?! 
Non credo di essermi perso nulla, però ... ognuno la pensa come vuole.

martedì 18 novembre 2014

UN'ANTICA LEGGENDA ELFICA

C'è un'antichissima leggenda elfica che dice pressapoco così ..

Gli elfi sono figli di Storia, del canto perpetuo che la Signora fa risuonare attraverso l'intero universo: è la sua voce che crea e tutto viene da quella sua voce onnipotente. Tuttavia una volta nello scorrere del tempo questo canto si è per un istante fermato,  la voce per un attimo è venuta meno, la melodia per un momento si è interrotta.  Questo evento gli elfi lo trasmettono come 'il silenzio' e ricordano bene cosa avvenne in quel 'silenzio': tutto scomparve,  tutto si fermò,  tutto si annullò (mistero rimane come possano aver conservato memoria di ciò).
In quella pausa del canto eterno tutto cambiò e qualcosa in quell'immobilità si mosse, iniziò a divenire.
Gli elfi ci dicono che da quel silenzio nacque l'Uomo.  
Quando il canto riprese tutto ricominciò come prima, ma ora nel creato ai trovava dell'altro una creatura nuova,  figlia del 'silenzio'.
In molti si chiederebbero da dove vengono queste creature,  da dove siano state create ...  Gli elfi dicono che l'unica spiegazione di ciò che è
accadde è che che queste creature sono figlie di Storia stessa, generate da una piccola parte di lei, come se ogni essere umano conservasse in sé un pezzetto della Signora ... 
Quella che noi chiamiamo VITA in effetti non sarebbe altro che quel pezzettino della Signora che portiamo noi dentro, in noi avremmo in fondo un pezzo di Storia stessa: per questo possiamo dire  che la nostra VITA è la mostra STORIA

giovedì 13 novembre 2014

LODE E PREGHIERA

Milleseicentosessanta anni fa, 13 novembre 354, nasceva un uomo del tutto particolare, che con la sua parola avrebbe contribuito alla nascita di quella che oggi è la religione di circa un miliardo di uomini. Sant'Agostino nasceva a Tagaste e per lui oggi io voglio raccontarvi questa mia confessione. 
Ad Agostino. Uomo di Dio e Eccelso Servitore tra gli uomini.
J.D.

Qualcosa nella Tua religione mi appassiona, Signore.
La mia conoscenza delle religioni è alquanto limitata, ma credo di poter affermare quasi per certo che non vi sia religione basata sulla predicazione di un ‘bambino’ di trent'anni che predica amore e uguaglianza, lui che, figlio di falegname, è re del Popolo Eletto; una religione fondata su una morte misera?! Costruita sulla promessa di un sepolcro vuoto e silenzioso?!
Davvero nella Tua Parola c’è qualcosa di straordinario e sconvolgente, un messaggio che, oltre a essere importante per la Storia, è importante per me: qua, proprio nel mio petto le parole di te, semplice Nazareno, si sono fatte largo e si sono insediate in un angolino: sono lì e pulsano, sono fonte di quei dubbi che, ringrazio, mi tormentano continuamente e mi costringono a fermarmi; non sono risposte, perché – riprendo impropriamente Dostoevskij – ‘Dio ha posto solo enigmi’, ma quesiti, interrogativi assillanti e tormentati, che sottovoce sono sussurrati in mezzo alla vita frenetica, alle mille distrazioni, tra finti idoli e vitelli dorati che mi sono costruiti e cui – temo – mi sono affezionato forse troppo.
Davvero mi sento orgoglioso che mi madre e mio padre mi abbiano cresciuto in nome tuo, e davvero un po’ mi sento commosso e quasi le lacrime gioiose inondano la mia faccia mentre scrivo!
La tua è una via difficile ed ora me ne accorgo, ma ancora non mi soddisfo di urlare a squarciagola ‘Vieni Spirito!’ perché davvero questa sciocca e codarda vita venga riempita da un senso, da un motivo vero e concreto, non da sogni e vane illusioni!
C’è un canto che amo in modo particolare: alleluia lode cosmica. È una lode vera e totale in parole e musica. Ecco così io mi voglio sentire e descrivere: un canto totale e totalizzante che si innalza incontenibile. È un’emozione straordinaria e completa che va oltre l’umano sentire e coglie il divino percepire!
Con questa mia lode vorrei vivere e camminare nei miei giorni, felice  e sicuro, certo e saldo in Lui come se questo fosse forza vera per la mia vita di ogni giorno.

Eppure forza non è, perché proprio mentre la Tua Gioia, Signore, mi pervade, il mio cuore si ricorda della sua passione più animalesca e si ricorda dell’orrore di cui è complice – purtroppo – consapevole: sono contro di Te, Signore, assolutamente incoerente per la mia essenza, per ciò che mi marchia come ‘diverso’! Ebbene sì, sono diverso, sono una creatura deviata e assolutamente depravata, che è andata contro natura violando le Tue leggi! Sono un sodomita - sì una parola così vetusta! - e ne sono dispiaciuto: sono un pervertito e lo ripeto! Questa mia perversione, poi, è ancora più pesante perché consapevole! e allora mi dispero, poiché non vorrei lasciarTi, non vorrei perderTi, ma come poter vivere legato a Te, vivendo contro di Te?

E lo stesso cuore che ti ama e vorrebbe lodarti sempre è causa di senso di colpa e colpa vera e propria! Quale creatura orribile, quale essere immondo; eppure non riesco a lasciarti andare, a allontanarmi da te: sono incatenato a te, alla tua voce e a quel tuo volto che, come statua velata, tenti di nascondermi sempre!

Questa, da lode dell’Altissimo, diviene allora preghiera per il miserrimo che qui si è raccontato.

martedì 11 novembre 2014

DI NASCOSTO

All'uomo che mi ha parlato di Dio con così tanta naturalezza dedico questa storia esotica, lui che fu esiliato possa esiliarsi da sé in un mondo più lieto attraverso queste parole. 
Nel giorno della sua nascita, a Fëdor Michajlovič Dostoevskij.
J.D.

Faceva un gran caldo all’epoca, vivevo ancora nella mia città d’origine, quando ancora ero un bambino e non ancora un commerciante che attraversava il Mediterraneo sulle mie navi cariche. Ricordo che in quei giorni le donne ci proibivano di uscire anche nel cortile interno per il gran caldo che faceva e quindi eravamo costretti, noi bambini della casa, a giocare nelle stanze delle nostre madri, rincorrendoci su e giù per le scale che arrivavano fino alle terrazze, ma senza mai poggiare i piedi sul rovente pavimento dei tetti. In quei giorni correvamo pressoché nudi, noi bambini, e le ragazzine non avevano alcun pudore, non ancora nemmeno preoccupate di coprirsi il capo con i veli. I bambini più grandi di noi, i nostri fratelli e le nostre sorelle, ci rimproveravano seccati quando li disturbavamo con le nostre scorrerie per la casa: i maschi ci tiravano i sandali dietro colpendoci le spalle chiare; le ragazze, quelle che già sapevano cos’era la pudicizia e ci tenevano a coprirsi con i più bei veli della casa, ridevano e ci rimproveravano come madri in miniatura, ma senza alcuna severità.
Poi c’erano i più grandi. Loro pensavano a giocare con le scacchiere, le ragazze cucivano e tessevano, ricamavano e rammendavano; qualcuno dei grandi si metteva su una delle porte che dava sull’ingresso, in mezzo all’aria che spirava dalla strada, e intagliava un pezzetto di legno a forma di delfino (sarebbe presto stato un dono per una sorella o una cugina).
In quei giorni ero felice di una gioia tutta particolare, sincera e semplice, che esulava dai piaceri di cui godo oggi. Era vera gioia, era felicità.
In uno di quei giorni io stavo rincorrendo mio cugino e lui si era nascosto da qualche parte vicino ai bagni – infatti noi eravamo molto ricchi e i grandi non andavano spesso ai bagni comuni, ma si lavavano direttamente a casa.
Mio cugino quel giorno si era nascosto molto bene e io ad un certo momento mi ero stufato di cercarlo. Dov’ero finito? Ero davanti alla porta che dava sulle scale che usavano i servi per salire fino ai bagni quando qualcuno dei grandi chiedeva di essere lavato. A noi era vietato utilizzare quelle scale, quindi proseguii e aprì un paio di porte intagliate, tutte lavorata in una sorta di rete fine, perché passasse attraverso un po’ di luce. All’interno l’aria era meno soffocante e il fresco che veniva dalle vasche era una piacevole carezza per il mio corpo seminudo. Mi sedetti qualche minuto sul marmo intarsiato del pavimento. Ah! un’ondata di freddo saliva per tutta la schiena e i brividi erano una piacevole sensazione, mentre la calura e il sudore svanivano dalla mia persona. Nel silenzio di quella mia pausa udii dei rumori di acqua provenire da qualche parte alla mia destra. Mi rialzai e seguii lo scrosciare dell’acqua finché non giunsi al piccolo cortile interno dei bagni su cui si affacciavano quattro grandi arcate da cui pendevano leggere lunghe tende leggere, che rendevano sfocata l’immagine della stanza retrostante.
Continuai a seguire l’acqua fino alla stanza che per me, da quel giorno a finché rimasi in quella casa, fu la ‘Camera Azzurra’:
l’ambiente era quadrato e ad un angolo si trovava un grande bacile di pietra scolpita, che emergeva da una sorta di piccola vasca, anch’essa circolare. Il getto d’acqua scaturiva dall’angolo tra le due pareti, da un rubinetto di ottone. La parete era intermente rivestita di piastrelle color turchese, tutte disposte a formare una fascia di colore uniforme fino a due metri da terra, dove iniziavano le volute e allora, dopo una linea di piastrelle tutte decorate, la parete si riempiva di piastrelle bianchissime, su cui erano state dipinte con tintura blu antiche frasi sapienziali. Le volte salivano, scolpite tali da sembrare drappi bianchi che scivolano giù dall’alto, e là dove si sarebbero dovute congiungere in una stabile chiave di volta c’era un oculo che permetteva al sole luminoso di penetrare tra quelle mura, riempiendo l’ambiente di una luce bianca e pura.
Alla parete in fondo erano appesi degli asciugamani e sgabelli di canna erano disposti un po’ ovunque, un paio di sandali rialzati erano abbandonati sul pavimento.
Al centro della sala c’erano due donne, una seduta e l’altra in piedi, la prima dalla pelle chiara, la seconda dalla pelle scura, con bracciali argentei ai polsi e alle caviglie
Mia sorella era comodamente seduta su uno sgabello e osservava il bordo della piccola vasca, dandomi le spalle; la serva, con i seni nudi, con sul capo un telo rosso e giallo da cui pendevano curiosi cerchi di metallo, sfregava la schiena di mia sorella con una spugna, attenta a che non le cadesse la veste colorata che portava intorno alla vita.
Mia sorella era bellissima, dava il braccio destro alla serva e la sua posa, con le gambe incrociate, mi pareva stranamente attraente come mai mi era sembrata prima: scoprivo la sensualità delle donne. Rimasi a lungo a osservare il bagno di mia sorella, spiandola attraverso la tenda, osservando la schiuma che colava sulla sua morbida schiena chiara fino alle natiche nude; di nascosto osservavo i suoi capelli crespi raccolti sulla nuca in maniera semplice, senza troppa attenzione.


Jean-Léon Gérôme, Il bagno

martedì 4 novembre 2014

4^ LETTERA A G.

[LETTERA SUL POVERINO]
3 novembre ----
Carissimo amico
troppo lontano e troppo poco nei miei pensieri. Oggi sono spinto a scriverti perché è successo qualcosa che mi ha molto turbato.
Ieri sera mi hanno raccontato la storia di un ragazzo di poco più giovane di me. Il 'sugo' della storia è che questo ragazzo, che chiamerò di qui in avanti Aldo (perché non è importante il nome), è un indeciso, un confuso.
Ma non ho intenzione di lasciare questa storia così, mezza all'aria:
Aldo era fidanzato con Agata (anche questo è un nome inventato)e io ti dico che visti da fuori erano uno spettacolo, una meraviglia superba. Li incontravi in oratorio, seduti su un divano a cianciare dei fatti loro e ti si apriva il cuore in un accesso di umana fratellanza. Non so se mi sono spiegato, ma davvero vederli era come incontrare qualcosa di straordinario, quasi divino.
Sorridevano e ridevano complici, legati in una amore giovane e fresco, fatto di carezze e baci appassionati.
Non ti nascondo, però, che qualcosa in quella serenità mi turbava, mi lasciava dubbioso, non in maniera manifesta - ovviamente - ma sotto sotto qualcosa non era soddisfatto di ciò che i miei occhi vedevano.
La loro storia d'amore era una storia d'amore iniziata qualche anno fa - forse due - e prima lui era fidanzato con un'altra: Agata ci moriva vedendo Aldo non con lei e mi ricordo la tristezza nei suoi occhi quando me ne parlava, ma mi ricordo anche quella determinazione nel dire: 'Però io in fondo voglio la sua felicità: se vuole stare con lei spero funzioni'
(Questo me la fece considerare da lì in avanti una delle persone più degne di rispetto ch'io ho fino ad oggi conosciuto, nonostante i suoi comportamenti a volti isterici e logorroici)
Poi, quando finalmente furono fidanzati, ti ho già scritto le scene idilliche di cui erano soggetto, ma non ti ho detto che in questa loro relazione più e più volte c'era stato una sorta di tira e molla, ti prendo e ti lascio, ti voglio e ti mollo.
Fino a ieri non avevo idea del motivo.
Agata mi ha preso vicino e mi fa: 'Stasera mi vuole parlare, dopo ti scrivo, però mi sembrava preoccupato quando mi ha chiesto di parlare da soli, era strano ...'
Io non sapevo che dire e mi sono limitato - Ahimè! - a parole di circostanza.
'Ho paura che sia come le altre volte' dice lei, 'Cosa significa?' chiedo io, 'Non lo sai?!' fa esterrefatta balzando in piedi, 'Cosa non so?' 
Vorrei non averlo chiesto.
Agata e Aldo non si erano lasciati e ripresi per capriccio - forse ripresi, ma non di certo mollati - anzi, la motivazione era decisamente seria!
'Lui .. diciamo che aveva dei dubbi .. credeva di essere gay!'
Apriti cielo! Ecco cos'era quella sensazione! 
Attenzione, non sto dicendo che io mi fossi già presentito che lui fosse omosessuale, perché davvero non lo penso, anzi: in lui avvertivo un'insicurezza latente in quei gesti così appassionati, l'innocenza e insieme la passione che vedevo erano - ora mi è chiaro - accompagnati da una certa timidezza.
Io, ripeto, non so se Aldo sia gay, etero o bisex, non lo so perché non lo si può sapere se non lo sa nemmeno la persona in questione! Però in lui una domanda è ancora viva, me lo sento. E non tanto la domanda se lui sia etero o gay o bisex, no!, piuttosto la domanda che mi sono spesso immaginato nella testa dei giovani: cosa voglio dalla vita?
Comunque.
Il fatale dialogo tra Aldo e Agata avvenne subito dopo la rivelazione fattami da Agata, la quale, finito il colloquio, non mi ha mandato nessun messaggio: si è precipitata a parlarmi!
'Si è fatto Teresa' (altro nome di fantasia)

Ecco la storia di Aldo e Agata, ma mi dirai, che cosa ti ha sconvolto?
Non lo so, in realtà ... so solo che dopo questo mi sono sentito come cadere, mi sono sentito disgustato e un po' commosso da tutto l'operato di Aldo.
E come se per l'ennesima volta mi si fosse parato davanti lo spettacolo vomitevole della meschinità: questo ragazzo è un poverino, che non ha capito cosa sia il sentimento e l'emozione, che - questa è l'idea che mi sono fatto parlando anche con un'altra amica - non concepisce altro che quello che vuole la pancia (nel senso di istinto animalesco e bestiale).
E la cosa che ancor più mi fa rabbia è il fatto ch'io sia mosso a compassione verso questo povero indeciso, questo povero animale che non ha ancora compreso cosa sia la sua umanità!

Oggi è stata una giornataccia, a scuola e fuori, e non so perché. Come se quello che è successo ieri fosse motivo di una sorta di calo di tensione dentro di me: tutto è più debole e lento oggi. 
E la cosa ancora più bella, in questo trionfo di bellezza, è che è iniziata con oggi una fase dell'anno estremamente difficile, non solo con la scuola, ma anche con tutto il resto.
G. vorrei che tu fossi qui, per una volta. Invece che essere sempre lontano.
Scusa se questa lettera ti sembrerà un po' sciocca e sconnessa, però avevo bisogno di scriverla.
Con affetto e con i miei più cari auguri per la tua vita.
J.

lunedì 3 novembre 2014

PAROLE SUL BELLO - la natura

#2
La natura è sicuramente meravigliosa.
Null'altro.

ΘΑΥΜΆΖΩ (mi stupisco)
Decisamente:
quando sto male,
quando ho dubbi,
troppe domande,
troppe preoccupazioni,
quando devo pensare,
sempre e comunque
tu mi togli il fiato.

PENSIERINO
Se penso al mondo,
sono un pessimista nero,
temo.
se penso a questa Terra,
sono un ottimista vero,
grazie a Dio.
Nel creato c'è qualcosa,
che raramente riesco vedo nell'uomo.

#1
Una mattina, faceva freddo
e il mio occhio cadde su un pino nano.
Tutto era gelato.
Tutto era gelato, 
ma in me scorreva un nuovo calore: era bello!

CONTEMPLAZIONE
Perché se mi metto qui
seduto all'aria aperta
davvero qualcosa in me
si muove
si torce.
Perché se mi metto qui
seduto all'aria aperta
davvero i miei occhi prendono tutto
avidamente arraffano ogni cosa.