UNA FARFALLA, oppure INNAMORATI
racconto tratto da 'Testamento' - JD 00 Aa 345
(archivio personale)
S'avvicinarono e si dissero che non dovevano più
nascondersi nulla, si promisero che da quel momento non avrebbero più serbato
alcun segreto l'uno con l'altro, perché ormai dovevano diventare una cosa sola,
una sola anima formata da due respiri che, in un soffio, diventano una cosa
unica, un ente, per così dire, potenziato. Le loro voci tremavano con tenerezza
e li avvolgeva l'infrangibile barriera del loro amore: erano soli, nonostante
il mondo, nonostante tutta la vita che oltre a loro due proseguiva
inarrestabile verso la propria meta, erano soli. Erano dolcemente soli.
Parlavano con dei sussurri, parole quasi non dette che l'altro capiva
perfettamente, perché tutto si svolgeva negli occhi, e non contava più la
lingua. Negli occhi ardeva infatti una luce diversa, una scintilla che
magicamente riluceva da sé, senza bisogno di un sole a cui rubare i raggi. No,
forse un sole c'era: l'uno era per l'altro la stella della vita, l'origine
della bellezza e del proprio respiro si trovavano negli occhi dell'altro. Non
ci sarebbe stato più nulla da nascondere perché in quel momento si fondevano
entrambi in una nuova creatura che non avrebbe più potuto essere scissa nei due
individui. Nel peggiore dei casi i due si sarebbero persi, l'amore scivolato
per strada poteva anche essere calpestato da dei passanti, ma loro, ormai,
erano legati, legati da un legame che sarebbe durato eternamente, oltre ai
confini del tempo. Il ricordo sarebbe stato un marchio eterno, un sigillo posto
per sempre che non sarebbe mai sbiadito, indelebile di fronte al passare dei
giorni. Ora che erano così vicini non c'erano che emozione e sentimento, i
quali si perdevano l'uno nell'altro e nessuno avrebbe potuto capire cosa fosse
in quel momento, se emozione o sentimento. Tutto era sbiadito in se stesso e
tutto si perdeva nell'altro, così che ciò che accadeva non poteva essere
definito se non MISTERO. Un fascinoso e miracoloso mistero, inconcepibile e
inafferrabile, ineffabile e impareggiabile. Era forse questo Dio? No, non era
questo Dio, ma è proprio in momenti come questo che possiamo intuire
l'impossibilità di definire Dio: è nell'amore inesprimibile di due amanti
innocenti e sereni, teneri, che possiamo sfiorare l'idea, così folle di Dio.
Ma a loro di Dio non interessava poi un granché:
c'era solo l'altro, c'era quella creatura meravigliosa che si trovava di
fronte, un essere che forse poteva essere paragonata a un angelo. L'uno vedeva
l'altro come luce, come ente straordinario e perfetto, ma tuttavia impalpabile!
Ed era bello. Era bello vedersi con così tanta semplicità, con così tanta
chiarezza; non c'erano regole, non c'era 'buona educazione', c'era solo la
strana sensazione di quell'attimo, c'era soltanto la bellezza di quell'istante.
Era bello, bello come il sole in primavera, quando al mattino, con addosso
l'umidità della notte, ci accorgiamo che finalmente le guance iniziano a
bruciare un po' ai raggi caldi; bello come un tuffo in una giornata afosa,
quando il nostro corpo s'immerge e si lascia colmare dall'acqua fresca; bello
come la luna piena in un cielo di montagna, quando svaniscono le luci di città
e rimane solo lei, la regina della notte, con le sue ancelle, le stelle, in
alto, sopra le vette perennemente innevate e i ghiacciai. Era bello.
Semplicemente e dannatamente bello. Era teneramente bello. Non c'era che
profumo, che dolce aroma dell'altro, anzi di entrambi. Erano chiusi in un
bozzolo tutto loro e insieme stavano proprio preparandosi ad uscire come una
straordinaria farfalla: avrebbero portato la loro bellezza al mondo, assieme,
l'uno con l'altro; sarebbero stati come le due ali della farfalla: uguali l'uno
nell'altro. In certi istanti si sarebbero toccati e amati dolcemente, in altri
si sarebbero mostrati fianco a fianco al mondo, perché anche il mondo potesse
godere della loro bellezza!
Stringevano l'uno la mano dell'altro, con
devozione, quasi che portassero una vita fragilissima tra le dita. La pelle
dell'altro fremeva leggermente sotto le dita e attraverso quel tocco passavano
tutti i ricordi delle loro vite: uno si donava all'altro con tutto se stesso e
non tratteneva nulla, affidava alle cure dell'altro ogni sua preoccupazione,
ogni suo antico sogno e tutte le più intime speranze. Anche questo era un
mistero, perché improvvisamente veniva meno tutto il corpo, quasi che la carne
si sciogliesse e si fondesse, incapace di resistere alla meraviglia di quel
tocco.
Quanto tempo passarono così? Non si può dire,
perché il tempo s'era smarrito ormai, incapace di correre a fianco di una
tenerezza simile, che non ha fretta, ch'è fuori da ogni ansia. Il tempo era
semplicemente trascorso oltre a loro, li aveva scavalcati e ignorati: il mondo
aveva continuato la propria esistenza mentre in quest'angolino s'era vissuto
davvero!
Non è chiaro come, ma a poco a poco rientrarono nel
mondo: forse un granello di polvere si posò nell'occhio di uno dei due amanti,
forse un refilo di vento solleticò i polpacci dei due felici, comunque il mondo
riottenne quei suoi due figli.
Si mossero e s'alzarono dal prato profumato che li
aveva abbracciati. Verso le montagne si vedevano dei pesanti nuvoloni scuri che
prima della notte si sarebbero svuotati sulle vallate semideserte. Senza
parlare s'incamminarono mano nella mano, con quella puerile semplicità che è in
qualche modo buffa: ci si stringe le dita come bambini all'asilo, in fila per
due dietro alla maestra, ma le emozioni sono differenti, nonostante le
attraversi una simile tenerezza.
I capelli di lei erano sciolti al vento, belli e
profumati nell'aria tiepida. Lui ogni tanto si voltava e si riempiva gli occhi
di quella beltà così preziosa, e non gl'interessava affatto che un sottile filo
d'erba s'era arrampicato nella folta chioma scura.
Tornavano a casa, finalmente felici, avvicinati da
un'esperienza nuova per entrambi: c'era stato un contatto, un incontro per
nulla comune, destinato a significare l'immutabile legame tra i due. Un'energia
sconosciuta li aveva attraversati e li aveva irrimediabilmente mutati. Questa
sarebbe stata uno di quei momenti che avrebbe condizionato il resto della vita:
i ricordi si sarebbero stipati sempre in maggior quantità nelle memorie dei
due, ma questo attimo, in cui entrambi avevano sfiorato la materia di cui è
fatto Dio, sarebbe sempre stato custodito in un luogo privilegiato, non
soffocato da altre migliaia di ore di vita, ma ben protetto in uno spazio
esclusivo.
Mentre camminavano iniziavano la loro opera: finché
fossero rimasti insieme, avrebbero centellinato nel mondo tante briciole di
bellezza, avrebbero urtato i cuori di quelli che affollavano le strade,
avrebbero sparso qua e là il profumo della perfezione.
Erano belli. Teneramente belli.