giovedì 28 agosto 2014

BELLO .. E BASTA

Il 28 agosto del 1749 nasceva un grande della letteratura tedesca e mondiale: Johann Wolfgang Von Goethe. Questo il mio regalo per il suo compleanno.
J.D.

Camminava lungo il margine del bosco, non lontano dalla casa, proprio dove la montagna inizia a salire verso le altezze più vertiginose. Qui la montagna si apre, dietro quella pianta di mirto, in una grotta, un anfratto stretto e scomodo, che anche i pipistrelli rifuggono ed evitano. Lui camminava verso casa, ma quel giorno qualcosa gli urtò l’orecchio, un rumore leggero, come una goccia d’acqua che cade in una bacinella. Si avvicinò alla pianta di mirto e la scostò, liberando il passaggio verso l’oscurità più opprimente. Di nuovo quel suono, allora inspirò e fece un passo sotto la volta di roccia fredda e il suo occhio fu abbracciato dalle tenebre. Da dietro di lui qualche raggio arrivava ancora oltre la soglia della grotta e fu questa la sua via in quell’oscurità sconosciuta. Di nuovo quel rumore. Questa volta il rumore si era fatto più intenso, più vicino e lui si guardò intorno e notò, proprio un passo davanti a lui, a malapena sfiorata da un raggio di luce, una pozza di acqua. Era nera quell’acqua ai suoi occhi, eppure lui sapeva per certo che quell’acqua era limpida; non l’aveva toccata, quell’acqua, ma lui sapeva che era fresca. Si chinò, per attingere da quella fonte naturale, nascosta nella pancia della montagna, e immerse le sue mani, unite a coppa, in quel liquido che ora, effettivamente, scoprì freddo. Bevve. Poi si appoggiò, inginocchiato com’era, con le mani ai bordi di quella pozza così affascinante per la sua giovane mente e avvicinò il suo viso all’acqua. Ecco che allora la luce, quella poca luce che riusciva a penetrare le tenebre, sbatté violentemente sul suo viso rinfrescato, lo accecò e lo lasciò per un attimo come gli agnellini appena nati, timoroso di aprire gli occhi.
Pochi li aprì, la luce che lo baciava dolcemente, e fissò il suo sguardo su quell’acqua fresca e limpida. C’era un altro, dall’altra parte, che lo fissava, lo scrutava, indagava i suoi occhi verdi. Lui tentava di capire chi fosse quell’altro, ma non gli riusciva di comprendere da dove venisse. A un certo punto smise di scervellarsi sulla possibile identità dell’altro e lo osservò, attentamente: i suoi lineamenti erano proporzionati, i suoi capelli avevano un gradevole ciuffetto ricciolo che gli copriva la fronte e in parte un occhio, la sua bocca era aperta in segno di stupore; indossava un bel gilet, di velluto, sopra una camicia, larga e vaporosa, elegante, corti calzoncini al ginocchio. Era bello, tanto bello. C’era qualcosa in lui di affascinante, di seducente, qualcosa di straordinariamente sensuale in quel suo sguardo stupito e incuriosito. Era bello, inspiegabilmente bello. Bello e basta. Lui si rese conto che qualcosa in lui si agitava, una sensazione di calore e gelo al tempo stesso, un’emozione! Un sentimento! Sì! Non sapeva cosa fosse, non avrebbe saputo spiegarlo a nessuno: era giovane e non sapeva cosa fosse Amore.

Caravaggio, Narciso

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