martedì 12 agosto 2014

UNA STORIA parte prima

Ti racconterò una storia. Non ti chiedo di chiudere gli occhi, perché basta solo che tu ti lasci guidare da queste parole per immaginare. 
La mia storia - mia perché te la racconto io, non perché mi riguardi in qualche modo - inizia in una grande città, che in effetti anche io ho visitato, una città famosa in ogni angolo del mondo - in effetti penso che anche le tribù sub-sahariane sappiano di questa città - ovvero Rio de Janeiro. Ma fidati se ti dico che quella città è davvero enorme, talmente vasta che è opportuna la distinzione di due diversi tipi di città: la Rio 'vip' e la Rio delle favelas. La prima è una città di immensi grattacieli che si arrampicano sempre più in alto verso il cielo, aggrappandosi spesso a quelle montagne di roccia nuda che caratterizzano il paesaggio ; è una città di persone ricche o benestanti, che giocano in borsa, che hanno uno studio legale o medico ben avviato, che insegnano in qualche importante facoltà del Brasile, che hanno ereditato chissà quale ingentissima somma di denaro dal nonno che allevava nel centro del paese. Le strade qui sono quasi lucide, hanno una strana luce, un'atmosfera particolare e non importa di tutti quei mendicanti che dormono a ridosso di qualche vetrina di banca, che si coprono di cartoni e stracci, che raccattano un misero pezzo di hamburger nei bidoni della spazzatura, che ringraziano con uno sguardo quasi severo coloro che per carità - o perbenismo - cedono loro qualche spicciolo o il loro avanzo. Questa la Rio 'vip'. Poi c'è la Rio delle favelas, quella di baracche troppo piccole per otto persone, quelle che non hanno acqua né scolo, che sono così spesso soggette ad incendi improvvisi, che accolgono droga, alcool, criminali, che custodiscono le piccole gioie di bambini che si rincorrono in mezzo ad adulti armati di pistole, senza problemi, senza preoccupazione. Questa Rio è quella, anche, di edifici che sembrano i nostri condomini, ma che all'interno nascondono realtà contraddittorie, curiose a volte: all'interno A abita un commesso di una delle banche della Rio 'vip'; all'interno B, invece, sullo stesso pianerottolo, vive una vedova con quattro figli che vive della carità della chiesa; all'interno C, poi, abita una coppia di anziani che vive con una misera pensione, ma vive. 
Ma torniamo alla mia storia, e allora torniamo nella Rio 'vip', nelle grandi strade trafficate, sui bei marciapiedi piastrellati, davanti agli innumerevoli negozi delle griffe europee, torniamo in quella parte di Rio de Janeiro che si affaccia sulle belle spiagge, scegli tu quale: Ipanema, Leblon, o l'arcinota Copacabana? Scegli tu, per la storia è uguale.
Scelta la spiaggia, muoviti da lì, procedi lungo i bei marciapiedi decorati con onde grigio scuro e bianco, sotto le file di palme che decorano la strada, costeggiando il mare da una parte e i grandi alberghi dall'altra. 
Cammina pure, procedi respirando con calma e osserva la spiaggia: cosa vedi? Ovviamente vedi una delle immagini più famose del Brasile: giovani muscolosi e abbronzati, con quegli occhiali tecnici che ormai così pochi usano nella nostra vecchia Europa, che giocano a pallavolo. Non giocano a calcio, quello è un gioco che non si fa spesso in spiaggia, no, giocano a pallavolo: la pelle sudata è coperta dalla sabbia che ha catturato quando è stato possibile recuperare una palla solo gettandosi sui granelli caldi.
Respira, prendi prepotentemente, avidamente una boccata d'aria, respira l'aria dell'oceano che in lontananza - perché la spiaggia è davvero immensa - senti arrendersi in onde davanti alla resistenza della terra ferma. 
Respira e cammina: hai indosso un paio di infradito, e la sabbia, che un po' si è accumulata anche sul marciapiedi, ti si insinua sotto il calcagno, tra la tua pelle e la plastica delle Havaianas.
Man mano che procedi, incontri un chiosco di bevande e panini, ma la 'specialità' che ogni turista come te deve provare, è il cocco! Costa poco, solo cinque reais - un real vale trenta centesimi di euro! -. Il 'barista' prende una grande sfera verde, ammaccata qui e là di segni marroni, un grande machete e tac, tac, tac: tre colpi, violenti, ma sicuri aprono un triangolo ad una estremità. Il 'barista' ci infila una cannuccia e sei servito.
Il latte di cocco è fresco, vero? Scende con il massimo tuo piacere giù per la gola e quando la sorsata è finita, sei soddisfatto, dissetato! Indubbiamente è dolce, quasi appiccicoso, ma non è nauseabondo, è ... piacevole.
Riprendi a camminare, con il tuo cocco in mano, le infradito ai piedi, la brezza dell'oceano sul volto. 
Ora inizia la storia.

CONTINUA ...

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