Mentre tutti pensavano a finire, con non poca fatica, i pisellini -
quelle schifezzine verdi che chissà chi aveva deciso di mettere nel piatto! -
c'era un bambino che, seduto a capotavola, in un angoletto della mensa,
guardava il piatto, già vuoto (lui non si faceva troppi problemi a mangiare le
verdure). Fissava la forma che s'era creata quando il sughetto della bistecca
s'era mescolato con l'acqua dei pisellini. Era imbambolato, completamente perso
in quella figura tutta informe. Sembrava impegnato a guardare un film.
Un cane corse per il paese e passò davanti al balcone della loro casa.
Seduto, quel bimbo guardava i suoi mattoncini, sognando che forma potevano
assumere tra le sue mani - e ancora non aveva bene capito che forma avessero in
realtà! Sollevò lo guardo sulla bestia e lo fissò incredulo. Non sapeva di
essere incredulo, ovviamente. Non si accorse nemmeno di averlo guardato. Poteva
costruire una casa, con quel pezzo!
Dieci agosto. San Lorenzo. La memoria uccideva ancora il padre di
quello che sarebbe poi diventato Pascoli, e tutti correvano a cercare uno
straccio di cielo buio, senza le luci delle case e delle città. Io pure cercavo uno spettacolo da vedere, pronto
a perdermi di fronte al bello. Aprii pagina trecentoottantanove.
Dormiva sereno, con la boccuccia semiaperta. Non importava il rumore
del mercato, i balzi che la carrozzina continuava a fare, le borse che di tanto
in tanto sbattevano contro l'intelaiatura, la madre che ogni due secondi
inchiodava all'improvviso, interessata da quei bei taglieri in legno d'ulivo o
da quei pile dai colori terrificanti; non importava. Beato lui dormiva, con la
boccuccia semiaperta e le manine rivolte verso il cielo. Solo questo spuntava
dalla copertina: le manine rosee e cicciottelle e la sua faccia rotonda.
Un mostro dalle mille braccia, tutti bracci sinistri!, si sollevò da
quel liquido strano, denso e grigio. Sollevandosi mostrò di avere anche
un'enorme bocca da rana, tutta incoronata da denti affilati e lunghissimi. Il
suo corpo si rivelò essere un abnorme bozzo informe da cui spuntavano sette
zampe da toro e quattro ali ampie. Si alzò in volo sopra quel liquido
dall'odore putrido, rivoltante iniziò ad avanzare verso di noi. Garfagald
sguainò la spada e urlò, pronto a combattere fino alla morte. Io estrassi la
mia di spada e alzai lo scudo davanti al mento: sarebbe stato inutile ma … mi
svegliai. è ora di andare, sei
già in ritardo!!
Mi guardai attorno, felice del mio primo trenta e lode: tutti seduti
senza voglia, qualcuno in piedi a dondolare assieme alla metro. C'era, qua e
là, un sorriso, una voce rapida che parlava al telefono, ma nessuno era lì.
Nessuno era lì. Tutti passavano.
Nessun commento:
Posta un commento