martedì 16 agosto 2016

ATTIMI II

Mentre tutti pensavano a finire, con non poca fatica, i pisellini - quelle schifezzine verdi che chissà chi aveva deciso di mettere nel piatto! - c'era un bambino che, seduto a capotavola, in un angoletto della mensa, guardava il piatto, già vuoto (lui non si faceva troppi problemi a mangiare le verdure). Fissava la forma che s'era creata quando il sughetto della bistecca s'era mescolato con l'acqua dei pisellini. Era imbambolato, completamente perso in quella figura tutta informe. Sembrava impegnato a guardare un film.

Un cane corse per il paese e passò davanti al balcone della loro casa. Seduto, quel bimbo guardava i suoi mattoncini, sognando che forma potevano assumere tra le sue mani - e ancora non aveva bene capito che forma avessero in realtà! Sollevò lo guardo sulla bestia e lo fissò incredulo. Non sapeva di essere incredulo, ovviamente. Non si accorse nemmeno di averlo guardato. Poteva costruire una casa, con quel pezzo!

Dieci agosto. San Lorenzo. La memoria uccideva ancora il padre di quello che sarebbe poi diventato Pascoli, e tutti correvano a cercare uno straccio di cielo buio, senza le luci delle case e delle città. Io  pure cercavo uno spettacolo da vedere, pronto a perdermi di fronte al bello. Aprii pagina trecentoottantanove.

Dormiva sereno, con la boccuccia semiaperta. Non importava il rumore del mercato, i balzi che la carrozzina continuava a fare, le borse che di tanto in tanto sbattevano contro l'intelaiatura, la madre che ogni due secondi inchiodava all'improvviso, interessata da quei bei taglieri in legno d'ulivo o da quei pile dai colori terrificanti; non importava. Beato lui dormiva, con la boccuccia semiaperta e le manine rivolte verso il cielo. Solo questo spuntava dalla copertina: le manine rosee e cicciottelle e la sua faccia  rotonda.

Un mostro dalle mille braccia, tutti bracci sinistri!, si sollevò da quel liquido strano, denso e grigio. Sollevandosi mostrò di avere anche un'enorme bocca da rana, tutta incoronata da denti affilati e lunghissimi. Il suo corpo si rivelò essere un abnorme bozzo informe da cui spuntavano sette zampe da toro e quattro ali ampie. Si alzò in volo sopra quel liquido dall'odore putrido, rivoltante iniziò ad avanzare verso di noi. Garfagald sguainò la spada e urlò, pronto a combattere fino alla morte. Io estrassi la mia di spada e alzai lo scudo davanti al mento: sarebbe stato inutile ma … mi svegliai. è ora di andare, sei già in ritardo!!


Mi guardai attorno, felice del mio primo trenta e lode: tutti seduti senza voglia, qualcuno in piedi a dondolare assieme alla metro. C'era, qua e là, un sorriso, una voce rapida che parlava al telefono, ma nessuno era lì. Nessuno era lì. Tutti passavano.

Nessun commento:

Posta un commento