giovedì 25 settembre 2014

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Quanta fatica mi costa tutta questa messa in scena? Mi accorgo del fatto che tutto ciò sia null’altro che uno spreco, un’inutile scialacquamento di un animo incosciente. Sono forse allora uno stupido?
Sono decisamente uno sciocco, uno stolto che non si accontenta di vivere il proprio giorno, che si illude e si raggomitola nei propri sogni, nei propri desideri. Sono un’incoerente incostante. Un demente impaziente.
Un sapiente ignorante.
Quest’ultimo è un ossimoro, eppure è così tanto una verità che mi sconvolge la potenza di queste due parole affiancate e riunite in me. Sapiente ma allo stesso tempo ignorante, consapevole ma volutamente dimentico delle mie consapevolezze. Che sciocco che sono! Sono davvero l’essere più stupido che possa essere mai esistito.
Per non parlare di questa mia mania di dover sempre essere sorridente, sempre gaudente, sempre felice. Ho abbandonato il me triste e sconsolato per apparire sempre come l’incarnazione dell’allegria.  Sono un demente. Un malato di cervello e di cuore. Affetto da una patologia che si scatena con sintomi al cuore e al cervello, all’animo e all’intelletto. Sono un pazzo sconclusionato, sono un malato e non di una malattia immaginaria, che esiste solo perché voglio vedermi in essa, no!, sono malato della malattia più curiosa e più ‘bella’. La follia.
Esiste una malattia più bella? Io credo di no, no, non esiste una più straordinaria patologia: vivere nell’eterno illudersi, circondando di null’altro che illusioni il mio essere, affogando in un mare di null’altro che immagini fittizie, false! Ma sono poi false?
‘falso’ è un termine ‘negativo’, invece ciò che mi circonda è così straordinariamente bello, è così straordinariamente entusiasmante. Oddio. Entusiasmante? Per più delle volte è solo una sofferenza tutto questo, ma anche il dolore è esperienza in un certo senso piacevole, in un certo qual modo goduriosa.
Ma quanta fatica è questa malattia?! Ogni giorno c’è qualcosa di mutato eppure tutti i giorni, se osservo all’indietro, nel passato, paiono uguali, paiono rincorrersi costantemente.
Sono un folle?
Sì, anzi, io sono come Quasimodo: sono il re, il papa dei folli! E non solo per il giorno dell’Epifania, no!, lo sono per la vita, per tutta l’esistenza, per l’eternità.

Nei secoli dei secoli. Amen.

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