martedì 1 aprile 2014

PRIMO COMANDAMENTO

IO SONO IL SIGNORE DIO TUO: NON AVRAI ALTRO DIO ALL'INFUORI DI ME
primo comandamento della Nuova Religione

Il sole tramonta sulla città: a est il cielo è già buio, mentre a occidente è attraversato da delicate linee luminose, gialle, arancioni, rosse. Gli alberi in autunno diventano un po' pettegoli, con quei sussurri leggeri, quando le fronde sono smosse delicatamente dal vento, e le foglie cadono, mollemente si lasciano andare fino a terra, si stendono su un letto di altre foglie, foglie che si sono semplicemente stancate prima. Allora gli uccelli iniziano a lasciare i nidi, iniziano ad abbandonare le calde casette che si sono costruite in primavera, rinunciano a quei grovigli così affascinanti, così curiosi, talmente curiosi da affascinare anche qualche architetto o designer. I comignoli, qua e là, incominciano a fumare, a gettare al vento sciarpe impalpabili di un qualche tessuto sottilissimo, nero; il sole, in autunno, al tramonto, sembra più caldo, la sua luce sembra più affettuosa, più generosa anche, sembra,in qualche modo, più sole. Proprio in quel momento in cui i suoi lineamenti iniziano a scomparire all'orizzonte, quando la curva sinuosa dell'astro inizia a trasformarsi in bande orizzontali di mille e mille tonalità diverse, ebbene proprio allora il sole sembra più vicino, sembra sceso tra noi e non è più quella stella lontana, che ci osserva tutto il giorno, talvolta nascosta da nuvole cariche di pioggia, no!, il sole diventa un amico caro, che si congeda da noi con un abbraccio, un caldo affettuoso abbraccio.
Ebbene il sole tramonta, gli uffici pian piano si svuotano, le luci degli alti palazzi rivestiti di vetro a poco a poco si spengono e le strade si affollano, sono invase da un'onda di metallo e lamiera, di plastica e vetro: come in ordinate file le formiche, dopo una giornata alla ricerca, fanno ritorno al formicaio, così, alla sera, gli adulti eseguono quella penosa processione carica di stress e noia e rabbia verso casa, o meglio, verso cubicoli spesso anonimi e freddi, che qualcuno si ostina ancora a voler chiamare 'casa'.
Le luci delle strade iniziano ad accendersi e dagli alti lampioni scende violento, all'improvviso, un fascio prepotente di luce fredda, una luce artificiale e asettica. Le ultime zanzare si gettano disperate attorno a quella fonte insperata di luce e calore e iniziano la loro danza, fatta di balzi e larghe curve, in un balletto che a ben guardare è perfetto, su note che ci paiono monotone e noiose, ma che forse, per loro, sono come una sinfonia di Beethoven. 
Michele è in coda, nella sua macchina, e aspetta che il semaforo, finalmente, diventi verde: dopo molte volte che è ripartito per poi rifermarsi, ora è lui il primo, davanti a lui l'incrocio, a fianco il semaforo, adesso oggetto di tutte le sue preghiere. Nella sua mente si susseguono invocazioni imploranti a quella luce verde, i suoi occhi sembrano bramare carnalmente quel colore, già, pur essendo solo un colore, nell'intimo Michele lo percepisce come un desiderio ardente, come una speranza appagante. Michele non se ne rende conto, ma forse quella brama così assurda non è altro che il desiderio di poter partire, non letteralmente, mettere in moto, no!, partire in senso più ampio, fuggire anche, oppure, e forse è meglio, essere libero. 
Il verde è arrivato e il suo cuore, troppo assuefatto a quel mondo insensibile, dimentica il desiderio di altro, di libertà, si concentra sul semaforo successivo. 
Dalia pedala velocemente, facendo lo slalom tra una macchina e l'altra, cercando di non sfiorare nemmeno le auto tra le quali si trova costretta a passare. A ogni incrocio cambia direzione, nella sua mente si progetta un percorso da seguire fino a casa, ma appena arrivata al semaforo successivo, beh allora ecco che a seconda di quello che vede, cambia idea. Si adatta. 'Attento ragazzino!' pensa mentre passa vicino a una madre con suo figlio. 'Devo sbrigarmi!' si dice tra sé, ed è vero, deve correre: arrivata a casa deve preparare la cena perché i suoi figli avranno già fame, poi dovrà stendere i panni, ma prima si dovrà essere ricordata di accendere la lavatrice. 
'Devo sbrigarmi!' Queste due parole affollano ormai la mente di tutti: quello che laggiù sta comprando le sigarette e quell'altro che sta buttando la carta di un panino comprato di sfuggita da un fornaio, oppure quella signora che sta trascinandosi dietro i bambini con, in più, tre borse stracariche della spesa, e quell'altra giovane donna che è andata in farmacia per comprare una nuova crema per le macchie solari, tutti pensano 'devo sbrigarmi'. Tutto è corsa, tutto è giocato al risparmio di tempo, al guadagno di altro,: 'Non posso perdere altro tempo, altrimenti non posso fare ... bla bla bla!' o ancora 'Ora basta con questa sciocchezza e pensiamo a quest'altro ... bla bla bla!'.  Tutto è corsa e allora anche il sole scende prima: perché dovrebbe far tardi solo lui, se intanto nessuno se lo fila?!

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