martedì 29 aprile 2014

SECONDO COMANDAMENTO

NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO
secondo comandamento della Nuova Religione

Jaqueline sedeva infreddolita, le ginocchia, strette al petto, le abbracciava sotto la coperta, che aveva trovato un giorno vicino a una chiesa nella zona di Méier. Il cartone era ormai marcio sotto i suoi piedi, ma lei non sentiva nessun odore, eppure le faceva ancora schifo, nonostante tutto, considerando, anzi, tutto, lei ancora odiava quel lezzo nauseabondo e si vergognava che qualcuno (tutti quelli che passavano davanti a quella banca) la vedessero così, con i capelli pieni di lordura e la faccia scura, gli occhi rossi per la polvere e le mani rigide per la stanchezza. Ogni tanto qualcuno le gettava qualche banconota da due o cinque reais e lei riusciva a comprare qualche pezzo di pane, una scatoletta di fave o fagioli; quando qualcuno era generoso le regalavano magari una banana o una fetta d'anguria. Ma quel giorno era da tanto che nessuno era generoso, era da troppo che qualcuno non le dava più nemmeno UN real. E allora cosa rimaneva, nulla! se non rannicchiarsi il più possibile contro il freddo pilastro nero della facciata della banca e chiudere gli occhi, riposare. Sì perché la fame stanca, ti spreme come una maratona, e allora ti prende una stanchezza opprimente, insopportabile, odiosa! Jaqueline chiuse gli occhi e stette lì, mentre poco oltre sul marciapiede iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia.
Quando gli occhi si chiusero Jaqueline era di nuovo al suo posto, seduta davanti alla cassa e intenta a far passare davanti al sensore i numerosi codici a barre che ogni prodotto portava stampato sopra. Le signore erano gentili e le chiedevano sempre come andava, qualcuna le faceva i complimenti perché era veramente carina e qualcun'altra si spingeva oltre chiedendo come mai non fosse ancora fidanzata o sposata addirittura.Lei sorrideva a tutti e, quando poteva, rispondeva a tutti. Il suo lavoro non era di certo quello di un manager di alta finanza, ma a lei la sua vita piaceva e si sentiva felice - anche se innegabilmente un po' stressata - in quella vita così semplice.
Poi la scena mutò d'improvviso e quelle belle e serene immagini sparirono in un'onda terribile, inattesa e sconvolgente. Ora vedeva il supermercato da fuori e lo vedeva in rovina, con i fogli delle offerte - di colore verde acido o giallo evidenziatore - penzolanti sul vetro sporco, la serranda abbassata e una orribile scritta su di un cartello rosa 'FALLITO'. Nel sogno allora si agitava e il corpo di Jaqueline si scosse contro il pilastro. Ma nel sogno l'immagine era di nuovo mutata e allora vedeva una ragazza magra e dagli occhi grandi e neri parlare davanti a un uomo grande e grosso, in camicia bianca e jeans, seduto alla portineria di un grande edificio. Anche lui le rifiutava un impiego come donna delle pulizie. 'Non c'è lavoro per nessuno qui! A mala pena ce n'è per me!' sembrava dicesse l'omone alla ragazza. La ragazza svanì negli occhi dormienti di Jaqueline.
Era calata la sera e ancora pioveva. Nessuno aveva lasciato una moneta ai piedi di Jaqueline, e questo era male, ma almeno nessuno l'aveva calpestata, e questo era bene, Appena sveglia Jaqueline si sentì ancora più stanca, ancora più sconfitta. Pensò di rimettersi a dormire, ma prima di questo pensò anche ad altro: 'Di chi è la colpa? Perché non posso avere un lavoro e una vita anche io, perché sono costretta qui, accucciata come un randagio, schifata da tutti, e non far nulla? Ho smesso di cercare un rimedio? No! Sì! ... Sì, ho smesso. Non ho più alcuna speranza perché non so che fare. Ma di chi è la colpa? Vorrei che ci fosse un colpevole, non per altro, ma solo per prendermela con qualcuno. Invece mi trovo qui, qui a schifarmi da sola e a odiare quasi quelli che hanno pietà di me. Forse è orgoglio, ma che posso farci?! Io vorrei solo sapere di chi è la colpa ... Ma nessuno lo sa? Pare di no, sembra che nessuno sappia di chi è la colpa di tutto questo ... eppure ci sarà un motivo, qualcuno saprà perché ci sono così tanti poveri, perché nessuno si ricorda di questi ... no?! No! Nessuno lo sa. Sembra quasi che la causa sfugga a tutti. Però, dico io, forse qualcuno c'è e non vuole dirlo, forse qualcuno sa, ma preferisce, perché conviene a lui, non dire nulla ... Bah ... Io vorrei solo sapere di chi è la colpa.'
Ora chiuse di nuovo gli occhi.

All'obitorio, dopo una settimana, un corpo di ragazza, lavato e ricomposto, attendeva un nome. Nessuno venne mai a reclamare quel corpo.

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