mercoledì 4 marzo 2015

LUI (14)

Quel pomeriggio comprammo il gelato: io cioccolato fondente e cioccolato -porcello! -, lui cioccolato e crema - classicone.
Non faceva caldo, ma mi andava un po' di gelo sul palato e lui, come sempre, mi aveva soddisfatto offrendomi il cono. Aveva tirato fuori dalla tasca della sua felpona il suo portafogli striminzito e aveva insistito perché fosse lui a pagarmi il cono.
Giovane e romantico.
Camminavamo con il nostro cono in mano, uno a fianco dell'altro, senza parlare, tirando fuori la lingua per godere di quella dolcezza meravigliosa che scendeva bella fresca lungo la gola bollente; in tanti si accalcavano sotto i portici del centro, allora noi avevamo deciso di proseguire all'aria aperta, sotto il tiepido sole di fine inverno, quando il vento porta ancora con sé l'odore del gelo, ma i raggi luminosi iniziano a farsi caldi e gentili.
In mezzo alla strada, sul selciato ondulato, due vecchiettine ciarlavano in dialetto, urlando perché sorde. Erano decisamente comiche quelle due!
Più in là un tamarraccio si fumava la sua sigaretta nei suoi vestiti assolutamente scomodi, ma doveva fare il figo, quindi …
Io e lui ci guardammo dopo averlo notato e subito scoppiammo entrambi a ridere: quante volte avevamo commentato quanto quella gente fosse proprio un po' fuori di melone!
Superammo il tamarro e svoltammo in un viottolo che ci piaceva perché era silenzioso e solitario. Si spingeva tra vecchi edifici in cui abitava gente normale che usciva di casa la mattina e tornava la sera, immancabilmente, come se si fossero tutti messi d'accordo perché il viottolo fosse praticamente deserto per i pochi giovani che apprezzavano quella solitudine.
Io e lui ci andavamo quando, stufi di girare a zonzo per il centro, sentivamo il bisogno di un po' di silenzio e di pace: appena lasciavi la via principale e percorrevi il vicolo, tutti i suoni s'attutivano e risuonavano lontani e ovattati, le voci si perdevano e finalmente sentivi la voce di chi era con te senza disturbi, senza 'interferenze'.
Lui s'appoggiò al muro e io m'appoggiai al suo fianco, chinai un po' la testa sulla sua spalla e finii di mangiare il mio gelato - lui ovviamente lo aveva già finito da un pezzo.
«Come mai qui non c'è mai nessuno?»
«Non ne ho la più ppppallida idea» risposi io con l'ultimo pezzo di cono in bocca, pronto a sbrodolarmi con l'ultima goccia di gelato che si nasconde proprio nella punta!
«Quando veniamo qui non c'è mai nessuno … è strano … non se n'è accorto nessuno che qui c'è un vicolo»
«Non lo so proprio … però meglio … almeno posso stare un po' con te» dissi io, fingendo una voce innocente. Lui capì e mi guardo dall'alto sorridendomi e con un leggero sbuffo.
«Com'era il gelato?» mi chiese, guardandomi con quei suoi occhi luminosi: in quegli occhi da qualche tempo c'era qualcosa di nuovo, qualcosa di 'grande'; prima i suoi occhi erano belli e li amavo perché erano semplicemente belli, giovani, da giovane! Ora invece quella loro bellezza era in un certo modo potenziata da una luce nuova, ancora più luminosa … una luce saggia ed esperta … mi guardava e lo amavo davvero!
«Buono, molto buono! - dissi io, dimenticandomi le mie impressioni sul suo sguardo - e il tuo?»
«Mmmm, la crema non era buonissima, mentre il cioccolato era buono»
«Dove vuoi andare adesso? Parco o andiamo verso la stazione e poi torniamo indietro, verso casa?»
«Scegli tu, per me è uguale!»
«Allora rimaniamo qui ancora un po' - dissi io staccandomi dal muro. Mi misi davanti a lui e lo fissai diritto negli occhi, le mie mani ben infilate in tasca e le gambe larghe per mantenere bene l'equilibrio - voglio rimanere ancora qui, lontano dal casino!»
Lui sorrise e si passò una mano nel ciuffo biondo. Il parrucchiere gli aveva appena tagliato i capelli a lato della testa e mi pareva sempre più un pelatino, il mio pelatino!
Poi mi prese a un fianco e mi attirò a lui - il mio equilibrio ovviamente andò a farsi friggere!

Quando uscimmo dal vicolo rientrammo nel rumore e nella confusione della città … la gente non urlava né sbraitava, ma anche i sussurri erano assordanti assommati tutti assieme.
Noi, di contro, camminavamo silenziosi, l'uno accanto all'altro, io afferrandomi al suo braccio, lui chinando un poco la testa verso di me.
Avanzavamo insieme, osservando la gente.

Non avevamo bisogno di parole, il solo essere lì insieme era abbastanza.

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