Quel pomeriggio
comprammo il gelato: io cioccolato fondente e cioccolato -porcello! -, lui
cioccolato e crema - classicone.
Non faceva caldo, ma mi
andava un po' di gelo sul palato e lui, come sempre, mi aveva soddisfatto
offrendomi il cono. Aveva tirato fuori dalla tasca della sua felpona il suo
portafogli striminzito e aveva insistito perché fosse lui a pagarmi il cono.
Giovane e romantico.
Camminavamo con il
nostro cono in mano, uno a fianco dell'altro, senza parlare, tirando fuori la
lingua per godere di quella dolcezza meravigliosa che scendeva bella fresca
lungo la gola bollente; in tanti si accalcavano sotto i portici del centro,
allora noi avevamo deciso di proseguire all'aria aperta, sotto il tiepido sole
di fine inverno, quando il vento porta ancora con sé l'odore del gelo, ma i
raggi luminosi iniziano a farsi caldi e gentili.
In mezzo alla strada,
sul selciato ondulato, due vecchiettine ciarlavano in dialetto, urlando perché
sorde. Erano decisamente comiche quelle due!
Più in là un
tamarraccio si fumava la sua sigaretta nei suoi vestiti assolutamente scomodi,
ma doveva fare il figo, quindi …
Io e lui ci guardammo
dopo averlo notato e subito scoppiammo entrambi a ridere: quante volte avevamo
commentato quanto quella gente fosse proprio un po' fuori di melone!
Superammo il tamarro e
svoltammo in un viottolo che ci piaceva perché era silenzioso e solitario. Si
spingeva tra vecchi edifici in cui abitava gente normale che usciva di casa la
mattina e tornava la sera, immancabilmente, come se si fossero tutti messi
d'accordo perché il viottolo fosse praticamente deserto per i pochi giovani che
apprezzavano quella solitudine.
Io e lui ci andavamo
quando, stufi di girare a zonzo per il centro, sentivamo il bisogno di un po'
di silenzio e di pace: appena lasciavi la via principale e percorrevi il
vicolo, tutti i suoni s'attutivano e risuonavano lontani e ovattati, le voci si
perdevano e finalmente sentivi la voce di chi era con te senza disturbi, senza
'interferenze'.
Lui s'appoggiò al muro
e io m'appoggiai al suo fianco, chinai un po' la testa sulla sua spalla e finii
di mangiare il mio gelato - lui ovviamente lo aveva già finito da un pezzo.
«Come mai qui non c'è
mai nessuno?»
«Non ne ho la più
ppppallida idea» risposi io con l'ultimo pezzo di cono in bocca, pronto a
sbrodolarmi con l'ultima goccia di gelato che si nasconde proprio nella punta!
«Quando veniamo qui
non c'è mai nessuno … è strano … non se n'è accorto nessuno che qui c'è un
vicolo»
«Non lo so proprio …
però meglio … almeno posso stare un po' con te» dissi io, fingendo una voce
innocente. Lui capì e mi guardo dall'alto sorridendomi e con un leggero sbuffo.
«Com'era il gelato?»
mi chiese, guardandomi con quei suoi occhi luminosi: in quegli occhi da qualche
tempo c'era qualcosa di nuovo, qualcosa di 'grande'; prima i suoi occhi erano
belli e li amavo perché erano semplicemente belli, giovani, da giovane! Ora invece quella loro
bellezza era in un certo modo potenziata da una luce nuova, ancora più luminosa
… una luce saggia ed esperta … mi guardava e lo amavo davvero!
«Buono, molto buono! -
dissi io, dimenticandomi le mie impressioni sul suo sguardo - e il tuo?»
«Mmmm, la crema non
era buonissima, mentre il cioccolato era buono»
«Dove vuoi andare
adesso? Parco o andiamo verso la stazione e poi torniamo indietro, verso casa?»
«Scegli tu, per me è
uguale!»
«Allora rimaniamo qui
ancora un po' - dissi io staccandomi dal muro. Mi misi davanti a lui e lo
fissai diritto negli occhi, le mie mani ben infilate in tasca e le gambe larghe
per mantenere bene l'equilibrio - voglio rimanere ancora qui, lontano dal
casino!»
Lui sorrise e si passò
una mano nel ciuffo biondo. Il parrucchiere gli aveva appena tagliato i capelli
a lato della testa e mi pareva sempre più un pelatino, il mio pelatino!
Poi mi prese a un
fianco e mi attirò a lui - il mio equilibrio ovviamente andò a farsi friggere!
Quando uscimmo dal
vicolo rientrammo nel rumore e nella confusione della città … la gente non
urlava né sbraitava, ma anche i sussurri erano assordanti assommati tutti
assieme.
Noi, di contro,
camminavamo silenziosi, l'uno accanto all'altro, io afferrandomi al suo
braccio, lui chinando un poco la testa verso di me.
Avanzavamo insieme,
osservando la gente.
Non avevamo bisogno di
parole, il solo essere lì insieme era abbastanza.
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