martedì 20 ottobre 2015

ATTIMI 1

Colorando il suo disegno, chissà per quale ragione, un bambino parlava, parlava senza che qualcuno potesse distinguere chiaramente una qualche parola. I contorni erano un concetto ancora un po' fragile per la sua giovane mente, ma la conversazione - se così possiamo definirla - era estremamente vivace e, evidentemente, molto coinvolgente. Ascoltava la sua voce e si rispondeva da sé, senza un'altra opinione, senza nessun altro interlocutore. Colorava il suo disegno e intanto discuteva.

Mentre si tormentava i ditini grassottelli, ancora ben morbidi, quel bimbetto teneva il musetto un po' imbronciato e si fissava le mani. Ogni tanto faceva cadere la testa da una parte, poi dall'altra, poi di nuovo a destra, sospendeva per un attimo quel suo vagare per crollare ancora con la testa a sinistra. Teneva la boccuccia stretta tra le guance paffutelle e un pochino s'intravedevano i finissimi denti da latte. Un ciuffettino ribelle spuntava sulla nuca.

Era impossibile tenerlo fermo. Ciondolava sempre e lasciava andare in una sfrenata corsa sospesa le sue gambette. Avvolto nel vestito della festa, cercava di far passare quella noiosissima ora - manco sapeva che fosse un'ora! Attorno a lui la gente sbuffava ogni tanto, quando i gridolini si facevano un po' più forti e acuti, ma sempre di nascosto, sempre con un velo di amorevole pazienza perché, in fondo, è solo un bambino. Qui e là interveniva la mamma - la mamma! - e cercava di calmare il pargolo con un sonoro 'ssssss!': il bimbetto guardava la facciona della mamma - che bella la mamma! - e rimaneva perplesso per qualche minuto. Poi si ricominciava.

Riaccendeva e spegneva la luce, poi di nuovo, poi ancora, ancora e ancora. Una magia, quel continuo andare e venire di tutta la stanza. Ora c'era, ora non c'era più, eccola di nuovo, sparita un'altra volta. La nonna era in cucina, nell'altra stanza insomma, e per stavolta s'era lasciato sfuggire l'amatissimo nipotino. Questi, molto intelligentemente, s'era allontanato in silenzio, senza fare troppo macello; s'era allungato sulla parete, appiccicandosi al muro e lanciando in alto la manina, fino a raggiungere l'interruttore. La stanza era lì, poi non c'era più: per farla ricomparire bastava un ditino cicciottello.

Che bello, che bello dev'essere raccogliere i fiori per il semplice gusto di farlo: non pensi a qualcuno, non c'è l'intenzione di farne dono a qualcuno, no. Prendi i fiori e li avvicini l'uno con l'altro, poi ne aggiungi un altro, ancora uno e bom, hai fatto un mazzolino. Pura bellezza. Ed è solo ora che si pone il problema: adesso che ne sarà di questo bel mazzetto? Questi bellissimi fiori non possono finire per terra, perché ormai non sono più 'attaccati all'erba' … che fare? Beh, a questo punto: "Mamma, ho raccolto questi fiori per te!"
Meno male che c'è la mamma: a lei potrai rifilare tutto e sempre, e ne sarà comunque grata.

Riordina i giocattoli, il papà. La mamma cucina e quindi è toccato a papà quel duro compito. Ogni tanto sbuffa un po'. Chissà perché c'è bisogno di riordinare tutto? In fondo domani dovremo ritirare tutto fuori per giocare di nuovo, in fondo perché non lasciare tutto com'è, così che tutto sia bene in vista  e non infilato a casaccio in uno scatolone? Perché? Sì, su andiamo a dirlo a papà, diciamogli che non deve fare fatica stasera, perché non serve a nulla, visto che serve tutto domani!

"Mammaaaaaaaa!" E perché c'era questo foglio colorato in mezzo alla camera?! Ci sono inciampato! Fa male …

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