Aveva
indubbiamente passato una notte terrificante, quel pover’uomo. Io rabbrividisco
al solo ricordo, solo al pensiero mi viene la pelle d’oca! Pover’uomo! Le mie
compagne al pozzo dicono che hanno fatto bene a fargli quello che gli hanno fatto,
ma io non ne sono sicura: quale orrore!
Non posso
ripercorrere quegli attimi terribili, quelle grida strazianti, ed ora sono con
le lacrime agli occhi, con la mia brocca in mano. La folla si è riversata
davanti alla balconata e grida, grida, lo insulta, lo stuzzica, lo prende in
giro, e lui rimane lì impassibile, immobile, come da un’altra parte, sembra che
quella che gli sta succedendo, stia in realtà succedendo a qualcun altro, non a
lui. Sono accorsi tutti alla balconata, anche i magistrati dell’Impero sono
qui, vicino al Governatore, guardano fuori, verso la gente strepitante,
scrutano la plebe infervorata. Da dove sono io, nell’angolo vicino alla porta
della servitù, vedo anche il responsabile delle economie della Provincia, con
la sua testa pelata, luccicante nella luce della mattina. Ci sono i soldati,
vicino al seggio del Governatore, e il carceriere, l’aguzzino del pover’uomo,
tiene in mano la sua canna con cui lo ha fino ad adesso percosso, senza pietà,
eseguendo meccanicamente e quasi con piacere gli ordini. Livio rimane un poco
più indietro, proprio appoggiato alla sedia del Governatore, coperta da una
pelliccia africana stupenda; Livio è un brav’uomo in fondo, ormai sono anni che
tenta di riappacificare il mio popolo con Roma. Mi sembra incuriosito.
La folla sta
urlando, i volti che intravedo sono sovreccitati, euforici! E tutti additano
quell’uomo con ferocia, ora gridano ‘A morte!’ oppure ‘A morte l’eretico!’
oppure ‘A morte il bestemmiatore!’.
Pover’uomo.
Il governatore è
in piedi, davanti al suo seggio, spazientito, non sa cosa fare, è evidente: si
tormenta le mani, parlotta tra sé e sé, suda.
La folla
continua ad aumentare, la piazza è stracolma e anche i tetti cominciano ad
affollarsi di curiosi.
Anche una
semplice serva come me può immaginare cosa stia pensando il Governatore: ‘Io
sono Roma dinnanzi a loro, e ricordarmi del mio ruolo ci sono i collaboratori,
gli inviati dal Senato, i monumenti di fronte a me, come la colonna istoriata
che si innalza raccontando a tutti la sconfitta dei Puni. Tutto qui mi ricorda
che sono Roma! Ma cosa fare? Lui non ha fatto nulla ai miei occhi, e poi anche
mia moglie dice che …’
Ecco che entra
la Signora, la moglie del Governatore. È accompagnata da una sua ospite.
Il Governatore
sembra essersi deciso, si muove in avanti, si sporge sulla piazza: ‘Guardatelo!
Questo me lo avete consegnato e io l’ho interrogato …’
Lo guardo, il
pover’uomo: il suo torso nudo, la sua barba sporca e lunga, la veste di porpora
che gli hanno messo addosso per scherno. Ha anche una corona! Di spine!
Pover’uomo. La
Signora si è girata, rattristata dallo spettacolo osceno di quella folla così
rabbiosa con un uomo tanto docile. Si regge alla sua ospite, la quale non ha
distolto lo sguardo.
Antonio Ciseri,
Ecce Homo
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