giovedì 11 febbraio 2016

CINQUE FEBBRAIO DUEMILASEDICI

Mi sono alzato e mi sono chiesto: come faccio a non dimenticare ciò che ho appena visto? Ho subito cercato di ripercorrere il mio sogno e … ho incominciato a ripetermi ogni dettaglio, ogni minimo aspetto: richiamavo in continuazione alla memoria tutte le immagini ed eccomi qui, adesso, con un po' di tempo, finalmente.
Non so cosa ho sognato, non so nemmeno perché ho sognato. Però penso di aver sognato questa creatura angelica solo perché durante il giorno, da sveglio, cerco di dimenticarmene, cerco di ignorare il suo viso che mi appare ogniqualvolta chiudo gli occhi. E penso anche che questo sogno mi sia arrivato come consolazione, come carezza …
Quando mi sono addormentato ho salutato la giornata contento di separarmene, ne ero decisamente stufo, decisamente annoiato. Ero anche arrabbiato, forse, perché quando mi sono addormentato ho dovuto ripensare ad alcuni tristi momenti in cui, per l'ennesima volta, ho dovuto discutere per il modo in cui sono fatto. Oh, il modo in cui sono fatto! Che noia, tutte le volte torniamo sempre a questo punto.
Basta.
Bene, ho sognato. Stavolta ricordo che era da qualche notte che non mi visitava un sogno. è curioso che sia stato proprio un angelo ad apparirmi in sogno. Una sorta di annunciazione profana (profanissima!) che mi ha visitato di notte, quando sei solo, immerso nella più profonda delle caverne di cui tu sei fatto. Un angelo è venuto a trovarmi, a portarmi una notte strana, in cui ogni problema della vita del giorno pare dimenticato: nel sogno le cose impossibili succedono, questo è ovvio, ma ancor più meraviglioso è che tutto sembra vero, e come se fosse vero lascia delle tracce nella tua anima, nel tuo cuore, così che, anche qualora il sogno svanisse, le sensazioni rimarrebbero sempre e comunque. Così mi ha visitato il mio angelo.

Quanta gente! è estate e fa caldo. Un luogo che mi ha visto correre quand'ero piccolino, uno di quei posti in cui cresci giorno dopo giorno. Ah, ecco sì, il sagrato della chiesa non lontano da casa. è estate, decisamente: sono tutti in pantaloncini e maglietta.
Non sono affatto piccolo: sono proprio io. C'è anche lui. Gioca con dei bambini: sembra un gigante in mezzo a quelle testoline matte che sono appena uscite dall'asilo. Si diverte e la sua pelle, le sue gambe scoperte, giocano con la luce del sole. Oh sì, penso proprio che ci sia il sole: c'è una luce strana.
Io entro al fresco, lo lascio fuori.
C'è gente, dentro, e si ride. Si ride sempre. Quanta gente!
Perché non sento nemmeno una parola? Ah già … però, senza che nessuno dica una parola, mi dicono se possono avere da bere. "Certo!" - non lo dico. Vado in cucina.
Oh … ma non era fuori a giocare. è di schiena, si lava le mani. Non siamo in cucina, però: questo è un bagno. Boh. Quando si accorge che qualcuno è entrato gira la testa.
Sorride.
Mi sveglio?

Forse non mi sveglio. Continuo a dormire fissando quel sorriso gentile.

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