2 aprile 2015
È il giorno dell'istituzione di quell'attimo straordinario che per
tutto l'anno rievochiamo per sostenerci, il giorno della nascita della nostra
Chiesa, il giorno che è l'ultimo istante almeno apparentemente sereno prima di
un precipitare di eventi drammatici, il giorno che ci restituisce la grandezza
della divinità, quando, dopo un lungo periodo di silenzio, ci concediamo quel
"Gloria nell'alto dei cieli, pace in terra agli uomini che Egli
ama!"; è il Giovedì Santo, l'inizio di quell'ultimo cammino, un cammino
che s'affretta alla salvezza.
È Giovedì. Ormai la settimana si avvia alla fine, presto assaporeremo
il piacere dell'attesa del finesettimana, non manca molto a che noi riusciamo a
riposarci, a godere un po' di tranquillità. Ed è proprio in questo particolare
momento, in mezzo alla frenesia della nostra vita, che tutto si ferma, tutto si
sospende, come un vento che fino a poco fa soffiava vivace, e che ora tace,
lasciando immobili le foglie sui rami: si alza da tavola, depone le sue vesti,
prende un asciugamano e se lo cinge attorno alla vita. Ecco, tutto è immobile:
la cena non può proseguire, la settimana, per noi, deve arrestarsi.
"Capite quello che ho fatto per voi?" No. Non capiamo. Sappiamo solo
che non possiamo andare avanti, perché adesso ci hai sconvolto, ci metti in
difficoltà, ci impedisci di continuare come abbiamo fino ad ora: i tuoi, quando
tu facesti queste cose, rimasero sbigottiti, Simon Pietro esterrefatto,
scandalizzato; e noi uguale: la settimana ora deve bloccarsi, il tempo scorra
pure ma noi … noi non possiamo scorrere con lui.
Rimango qui ad osservarti, rimango immobile a scrutarti: quante
domande, quanti dubbi, quanti interrogativi, quante perplessità, quante
preghiere, quante lamentele, quante cose … e tu? Tu cosa fai? Ti alzi da tavola
e deponi le tue vesti, prendi un asciugamano e te lo cingi attorno alla vita.
Ecco l'istituzione della Chiesa, a fianco all'istituzione dell'Eucarestia.
Quando qualcuno chiede 'Perché per tre giorni? Che senso ha iniziare
il giovedì e finire il sabato notte, in attesa della domenica?', è difficile
rispondere. Ma una risposta la possiamo trovare, è lì, proprio lì, da dove
abbiamo letto queste parole: "Capite quello che ho fatto per voi?"
Abbiamo di tre giorni, solo perché ogni volta bisogna avere il tempo
di accogliere ciò che succedendo, di comprendere quello che sta succedendo,
almeno provarci: è qualcosa di straordinario, quello che sta accadendo, qualcosa
che - e nessuno può negarlo - cambierà per sempre la storia.
Il Dio che già aveva portato scandalo facendosi uomo, accettando di
rinchiudersi in un corpo di carne e fatica, l'unico Dio ch'era impazzito
d'amore per una creatura che pareva ignorarlo, a tal punto da decidere di
scendere in Terra, ecco che ora è pronto per dare scandalo l'ultima volta: Dio
muore.
Il sacrificio che si verificherà domani nella carne e nel sangue di
Gesù, nel Giovedì è anticipato, è annunciato, quasi che gli avvenimenti del
Venerdì fossero solo una conseguenza ovvia degli atti di quest'oggi: Gesù si
china ai piedi dell'umanità, si fa servo dei servi, e come quella donna gli
aveva profumato i piedi, devota, così Lui, l'Altissimo, si inginocchia e si fa
piccolo dinanzi ai calcagni di gente che presto sarà solo un mucchio di
codardi; domani non si chinerà, anzi domani sarà innalzato da terra, ma anche
allora sarà l'ultimo degli ultimi, morto per un branco di peccatori che gode
dei propri peccati.
Davvero oggi è un giorno particolare, davvero è solo apparentemente un
giorno sereno, un giorno allietato dalle alte note del Gloria: oggi inizia a
scendere quel velo di morte, quella coltre di tenebra che farà 'buio su tutta
la Terra'.
Ma come affrontare la domanda di nostro Signore?
"Capite quello che ho fatto per voi?"
Ogni volta che questa domanda si affaccia al mio udito, sfiora i miei
orecchi, sempre il mio cranio rimbomba vuoto, invaso solo dall'infinità eco di
queste parole. Perché non capisco, non comprendo cosa tu abbia fatto: ti sei
chinato dinnanzi a me, e io, oggettivamente, chi sono? Sono un peccatore, un
lurido mentitore, un perverso, un pervertito, una creatura deviata! E allora
perché ti chini?? "Tu lavi i piedi a me?" Ma assolutamente no! Tu sei
il Maestro, sei il Signore, l'Unto: perché mi lavi i piedi?
Ma poi smetto di ragionare con la mia mente, riconosco che il mio
intelletto, per quanto capace di meravigliose creazioni, non è il tuo
Intelletto: in quella risposta che dà Gesù a Pietro ("Quello che io
faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo") io ci vedo sempre un
sorriso, un bel sorriso affettuoso sul volto di Cristo; mi immagino Pietro
spaventato, oltre che strabiliato, e vedo Gesù che sorride affettuoso, lo
guarda con quegli occhi che vogliono calmare, tranquillizzare, abbracciare. E
quando vedo questo, ho finalmente smesso di ragionare: ascolto ora non la mia
mente umana, legata, o meglio, incatenata a logiche terrene, ascolto ora il mio
cuore, che non comprende completamente, ma che almeno si avvicina a te, si
accosta al tuo viso, accetta senza fare domande.
Aspettiamo domani. Domani anche questo velo fittizio di serenità,
quest'ultima immagine pacifica di una cena tra amici sarà svanita: ci sarà
l'oscurità di un giardino, il crepitio delle torce … ci saranno madri
distrutte, prosciugate delle lacrime … oggi è ancora giovedì, oggi, siamo
Chiesa e proviamo a pensare a questo e basta: per il dolore ci sarà posto
domani; per oggi, preghiamo e serviamo.
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