giovedì 19 giugno 2014

PARADOSSO

'Factum eram ipse mihi magna quaestis
Io stesso ero diventato per me un grosso problema


- Agostino

'Be', chi può non condividere questa frase sublime?! E per sublime intendo quell'idea romantica di straordinario e terribile che si condensano in un'unica intensa emozione che però non trova riscontri nei nostri vocabolari, non trova definizioni certissime e indiscutibili. Ma ritornando alla frase, rimane il problema del perché io creda di dover considerare tale frase sublime.
Eppure è inesplicabile, è evidentemente ineffabile, la ragione che mi spinge a rimanere così abbagliato e sconcertato dinnanzi a queste poche parole in latino.
Agostino era un genio, conscio del potere delle parole in quanto oratore esperto, egli era di fatto una mente eccelsa; visse anche nella dissolutezza e, a posteriori, definì la sua precedente esistenza come un insieme di problemi, un insieme di problemi talmente problematici, da aver ricondotto l'origine di tutto a se stesso, e avendo individuato in sé il vero problema. 
C'è frase più attuale di questa? C'è frase più universale di questa?
D'altronde, nella vita di un uomo, ciò che fa crescere e ci istruisce è in effetti questo continuo susseguirsi di problemi. Ma quando il problema più grande, per noi, siamo noi medesimi, allora come eliminare questo problema? Sembra un paradosso, quasi come quelli di Zenone, o il gatto quantico dei fisici quantistici, eppure questo 'paradosso' è la base della nostra esistenza, poiché in molti avvertono, ad un certo punto della loro avventura su questa terra, di essersi persi, di aver perso, per meglio dire, se stessi: è curioso come l'io, che si e perso e non sa di essere tale, scopre comunque, come se osservasse dall'esterno, di essersi effettivamente smarrito, e di ciò prende coscienza, ma non può, con una semplice decisione, cambiare. Curioso.Come sia strutturato il nostro io, come questo io si percepisca, come noi ci sentiamo inadatti a noi stessi. Curioso'

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