martedì 24 giugno 2014

OTTAVO COMANDAMENTO

NON DIRE FALSA TESTIMONIANZA
ottavo comandamento della Nuova Religione

- Ed è per questo che non si può non condannare quest'uomo, è per queste ragioni, che vi ho fino ad oggi presentato, che quest'uomo deve essere dichiarato colpevole! Giurati sta a voi decidere, ma credo di dovervi confidare che, se quest'uomo non verrà incarcerato, io non dormirò tranquillo la notte, sapendo che per le strade gira quest'uomo che, come le prove a parere dei periti dimostrano, ha ucciso con sedici coltellate un uomo perché gli aveva fatto pagare troppo un funerale! Vi prego, perché sia fatta giustizia, dichiaratelo colpevole! - terminò David Rushman la sua arringa finale. Ora, nell'aula silente, si preparava il difensore: una goccia di sudore scintillava sulla tempia destra. 
Il teste principale sedeva dietro di lui, oltre la balaustra in legno. Aveva giurato e poi aveva raccontato che una sera, mentre portava a spasso il suo cane (Dilly o Milly, chissà), aveva visto un uomo con in mano un coltello da cucina scagliarsi contro un secondo uomo, basso, ma con lo sguardo aggressivo. Lo aveva pugnalato selvaggiamente. 
Sul tavolo stavano l'arma del delitto e alcune carte del tribunale. Le impronte non c'erano sul coltello, ma il testimone lo aveva riconosciuto facilmente, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. I documenti erano infilati disordinatamente in una cartelletta di cartoncino, qua e là si vedevano numeri e protocolli. 
" ... brutto bastardo - questa era forse una mail - per colpa tua ho dovuto fare un mutuo per un ca**o di funerale! giuro che se posso io ti ... ".
L'avvocato Rushman sorrise mentre osservava il suo tavolo. Il difensore continuava a parlare, e parlare, e parlare, e ancora parlare. 
'Ormai è vinta - pensò tra sé - lo dichiareranno sicuramente colpevole e al diavolo lui e questa causa!'
Il giudice aveva fatto accomodare l'avvocato difensore, ringraziandolo per le sue parole e poi l'usciere aveva invitato tutti ad alzarsi per l'uscita della corte. 
Si voltò e ignorò il suo teste. 

A casa accese il televisore e si scaldò una zuppa in scatola in un pentolino. Una giornalista, carina, parlava dell'imminente decisione della giuria di quel famoso caso che coinvolgeva un famoso poliziotto (noto per le sue indagini sulle gang) che era accusato di aver ucciso l'organizzatore di funerali.
Scorrettero le immagini dell'aula di tribunale, le lacrime dell'imputato durante l'interrogatorio e le parole 'io non ho fatto nulla' risuonarono per il piccolo cucinino. 

Rushman aveva dormito bene quella notte, nonostante l'ansia era riposato quel mattino, dinnanzi al giudice, in attesa che entrasse anche tutta la giuria. L'imputato era in piedi, gobbo e con il viso attraversato da un indicibile terrore, misto a tristezza. Poi, finalmente, il giudice fece la fatidica domanda: - La giuria ha raggiunto un verdetto?
- Sì - rispose la donna, che era il presidente, e passò un foglio all'usciere, questi lo consegnò al giudice.
- La giuria, per l'accusa di omicidio, ha riconosciuto l'imputato colpevole
Rushman sorrise mentre si sollevava un applauso dall'aula stracolma. l'ex-poliziotto cadde seduto sulla sedia, le lacrime scendevano copiose.

Rushman sedeva un po' agitato su una bella poltrona in pelle rossa. Iniziò a parlar un signore piuttosto in carne, con una sigaretta tra le dita e un bicchiere di vino in bilico sul ginocchio sinistro.
- Grazie, avvocato, grazie a lei ci siamo liberati e di un rompipalle della polizia e di uno stupido che non voleva pagare. Grazie davvero. Ora, con il mio aiuto discreto, potrete di certo aspirare al ruolo di Procuratore Generale della Contea: congratulazioni! E di nuovo grazie! - E Don Carletto John Rodi lo congedo con un grasso sorriso.

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