martedì 3 giugno 2014

QUEL GIORNO

Quel giorno gli toccava il turno lungo, era necessario che attraversasse il bosco e che raggiungesse i campi per portare in città tutto il cibo necessario. si preparò lentamente, all'alba, e si saziò con una buona e sostanziosa colazione. Mangiò finché non si sentì sazio, perché sapeva bene che facilmente non avrebbe mangiato fino al suo ritorno in città. Si prese qualche minuto e poi uscì di casa, raggiunse i confini della città e finalmente su in strada, una lunga fila si allungava attraverso tutta la fitta boscaglia e non era possibile vedere la fine di quella immensa processione. Si mise pazientemente in fila, e iniziò il suo lungo tragitto. La strada passava lungo un piccolo villaggio in cui abitavano numerosi suoi conoscenti che, dalla città, in seguito alla decisione dell'amministrazione di controllare la dimensione delle case, avevano deciso di allontanarsi e 'fondare' un nuovo agglomerato di case grandi quanto si voleva. Ma il loro progetto era destinato a fallire: per il cibo e tutto quanto dipendevano dalla città e tutto, per un caso molto strano, era venduto a caro prezzo a quei 'ribelli'. Ne era molto dispiaciuto, ma in realtà sapeva che l'amministrazione si era comportata giustamente; risultato?!: molti abitanti di quel villaggio ora mendicavano lungo la strada che conduceva alla città pregando qualche anima caritatevole di lasciare loro anche solo un misero pezzo di focaccia, o una minuscola fettina di prosciutto. Ma molti rimanevano impassibili. I soldati sorvegliavano il lungo tragitto e badavano affinché nessuno creasse disordini. I pochi coraggiosi, che osavano concedere a quei disgraziati una parte del loro carico, erano attenti a non farsi notare, calcolavano l'esatto istante in cui non erano osservati dalle sentinelle, e badavano di essere ben lontani dai gruppi di pattugliamento.
Il suo lungo cammino era quasi terminato, doveva solo passare attorno al grande fiume e poi sarebbe finalmente arrivato ai campi di cibo. E quando vi giunse il suo cuore si aprì e il suo animo si innalzò fino alle più alte vette del cielo. Un'enorme montagna giallognola si ergeva nel mezzo del bosco e oscurava la luce del sole che altrimenti baciava calda i lavorati affaticati. La montagna era attentamente sorvegliata da folti gruppi di soldati e, nell'aria, si muovevano molti reparti aerei dell'Esercito Totale, e osservavano attentamente le grandi folle che raggiungevano i campi di cibo. Lui doveva prendere una parte di quel grande 'lago' roseo che era in realtà un'immenso deposito di eterno prosciutto cotto, che si estendeva ad un'estremità della montagna ma che si insinuava profondamente nella pancia di questa, perdendosi nei suoi abissi giallognoli, profumati di olio e rosmarino. Si caricò di quanto più poteva e si rimise in viaggio, prendendo però una seconda via, come indicavano gli addetti al traffico, che si distinguevano perché stavano appollaiati nel fitto della foresta urlando agli operai. Il cammino per la città cominciava, e di nuovo dovette passare attorno al lago di acqua purissima, freschissima. Decise che aveva un poco di tempo e si sedette per qualche secondo al limitare della grande distesa di acqua, guardò il cielo e si trovò a osservare quelle maestose creature dal poderoso busto e dalla capigliatura varia e verde, mossa spesso dal vento: erano i Grandi, che da anni e anni osservavano dall'alto dei cieli l'operato che occupava gli abitanti di innumerevolissime città. A volte le strade della città avevano portato gli operai fino a quelle altezze, ma le spedizioni duravano poco, per il rispetto dovuto ai luoghi che quelle altezze sfioravano. Non v'era nulla di più alto. Nulla di più poderoso e potente. Nulla, se non i Giganti. Erano enormi, non come i Grandi, ma erano più pericolosi e in effetti erano loro la motivazione per cui numerosissime città erano scomparse, centinaia di milioni di milioni erano morti a causa di quelle creature, che erano in realtà in numero ridotto, ma che determinavano solo morte e distruzione. Erano esseri orribili che, nonostante talvolta si rivelassero benevoli lasciando cadere cibo dalle altezze dei cibi, la maggior parte delle volte si divertivano a sterminare la loro razza che viveva sulla pancia della terra, senza desiderare raggiungere le loro altezze. Ma come potevano cambiare le cose? Gli anziani continuavano a sostenere che nulla poteva essere fatto, solo sopportare, solo sperare che la fine dei tempi giungesse in fretta, perché allora sarebbero finiti tutti i tormenti. Ma nessuno sapeva quando questo giorno sarebbe giunto. Pensò a quel giorno in cui, in prima persona, aveva assistito a una delle Donazioni dei Giganti. Un immenso masso dolce era caduto dal cielo e una lunghissima ombra si era distesa su tutti i territori che si estendevano dai campi di cibo alla città, incutendo a tutti, anziani, giovani, operai, sentinelle, soldati dell'aria, un indicibile terrore. E il terrore crebbe. Fu solo un attimo, un misero attimo e tutta la periferia nord della città fu distrutta da quell'essere così enorme e così terribile, i cieli si rischiararono presto, ma tutto, in quell'ombra notturna, era mutato per sempre: in migliaia erano morti al tocco distruttore del Gigante. Brandelli di mura e di case furono ritrovati lontano, finanche ai campi di cibo, cadaveri e cadaveri furono ammassati nei grandi cimiteri fuori le mura e furono seppelliti tutti assieme indistintamente, erano infatti troppi. Ricordava ancora il dolore di tutta la città, il suo personale dolore, ma presto quella pena si trasformò, si evolse in un odio profondo, in una rabbia furibonda che lo spingeva a sognare la notte il giorno in cui, finalmente, i Giganti sarebbero tutti stati sterminati, non importava come o da chi, l'importante era che tutti, TUTTI sarebbero stati cancellati per sempre dalla faccia della Terra! Quei pensieri lo occuparono a lungo, quindi si rimise in viaggio, lui, operaio, con il suo carico di prosciutto rosa, verso il formicaio profondo.

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