martedì 21 ottobre 2014

LE BACCANTI parte seconda

È davvero un mistero come la mente di un adolescente perda facilmente l’attenzione e il senso logico di qualcosa! Comunque Benedetto camminava ancora e orami la lunga via Andrea Costa era terminata  e anche la via successiva era già lontana; i passi del giovane ora erano su ciottoli lisci e ovali che tante volte erano stati motivo di odio per tante e tante signore che avevano pensato bene di raggiungere il teatro su alti tacchi da dodici o più.
Gli edifici correvano con i loro porticati e le loro finestrone, gli stucchi e i bar  e negozi.
A un novarese Novara stufa spesso e volentieri perché è una città piccola e con molte poche cose da fare (per chi è pretenzioso come lo sono i giovani di oggi), ma a Benedetto questa città piaceva, in fondo, perché ogni volta che si perdeva nell’osservare la sua caratteristica cupola si sentiva proprio protetto, in un qualche modo e per una qualche ragione felice. Comunque …
Mentre ormai si era dimenticato della sua questione filosofica, era finalmente arrivato alla meta che per lui era, in quel frangente, Piazza Gramsci. Questa, già Piazza del Rosario, era una delle piazze più care a Benedetto perché talvolta, quando in realtà avrebbe dovuto essere a scuola, era stata sua accogliente ospite, facendolo sedere comodo su una delle sue panchine, proprio davanti al piccolo supermercato – fonte inestimabile di ovetti Kinder, cioè amati compagni di quei momenti di cazzeggio totale.
Seduti ai piedi della statua di Icaro – un’istallazione ancor oggi estremamente discussa tra i cittadini che si degnano di prestare attenzione a ciò che si incontra per la via – lo aspettavano Ivan e Camilla.
Ivan era un amico che Benedetto considerava tale più per abitudine che per vero sentimento: gli anni di frequentazione che si erano man a mano accumulati permettevano di dire a entrambi dell’altro di avere una discreta conoscenza, perciò si erano iniziati a definire ‘amici’ non essendo, però, da nessun moto dell’animo, da nessun affetto reciproco.
Carlotta era tutt’altro discorso. La classica ragazza intelligente che spesso pare quasi morbosa in alcuni suoi atteggiamenti, bella – o almeno carina – con una folta chioma di capelli ricci rossi, con due grandi occhi verde chiaro, sempre in movimento, mai fissi su qualcosa, pronti in continuazione a indagare ogni cosa. Lei era indubbiamente un’amica, una vera amica per Benedetto: la loro non era solo consuetudine, non erano solo i giorni passati insieme a fare di loro degli amici, ma un affetto sincero che era nato, all’improvviso, in una mattina in cui Carlotta era arrivata a scuola triste perché mollatasi con l’ennesimo ragazzo e aveva trovato nel suo vicino di banco – impostole dalla professoressa di italiano – un paio di orecchi pronti ad ascoltarla.
Quella sera dovevano ‘fare aperitivo’, nonostante fosse solo giovedì, e avevano deciso di ritrovarsi solo loro tre un po’ prima di incontrare anche gli altri. Il giorno seguente, venerdì, la scuola sarebbe stata chiusa in seguito all’accertamento della presenza di una certa muffa strana: per la disinfestazione – se così si può dire per una muffa – sarebbero occorsi quattro giorni: venerdì, sabato (domenica saltava), lunedì e martedì; poi tutto sarebbe ricominciato come prima, solo con in più la certezza di non intossicarsi con certi funghi strani.
Questa manna dal cielo – tanto per gli studenti quanto per i professori, ben contenti di poter allontanare dai propri occhi quel numero infinito di adolescenti acneici! – aveva rappresentato la miccia per una serie di ‘eventi’ che tutti si erano sentiti in dovere di programmare: quel giovedì aperitivo, venerdì discoteca, sabato discoteca (ancora).
Dire che Benedetto fosse visceralmente contento di questo programmino di svago sarebbe assolutamente errato, infatti avrebbe di gran lunga preferito chiudersi per quei quattro giorni nella sua cameretta, con il computer acceso sul mondo reale e le pagine di un libro a introdurlo in un altro mondo; ma per una volta aveva ceduto, poiché ogni tanto – quasi per dare il contentino agli altri – si dedicava alla ‘vita sociale’ e non rifiutava alcun invito, così da non parere uno sfigato o uno snob o qualsiasi altra cosa gli volessero imputare.
«Alla buon’ora!» fece, con la sua usuale simpatia da stitichezza, Ivan.
«Sono venuto a piedi» replicò Benedetto sperando che questo tacciasse il rompi.
«Non importa, tanto abbiamo prenotato per le sette e mezza e sono solo le sette e cinque!» intervenne, mediatrice come sempre, Carlotta.
«Be’, che hai fatto oggi pomeriggio?»
«Nulla: appena arrivato a casa mi sono delicatamente e molto leggiadramente adagiato sul letto e ho dormito per tre fottutissime ore!» e all’idiozia di Benedetto risero tutti e tre.
«Che scemo – Carlotta – io invece non sono riuscita a vedere Carlo …»
«Che gran perdita!» insisté con la sua ironia stitica Ivan.
«Stronzo!» rispose, evidentemente non più conciliante, Carlotta.
Insieme, dopo questo affettuoso scambio di battute, si incamminarono verso la direzione dalla quale Benedetto era appena arrivato, ma non ripercorsero l’intero tragitto, infatti si erano trovati in quella particolare piazza perché da lì dovevano fare una piccola sosta prima di dedicarsi al loro giovanile edonismo.
Lontano dagli occhi di molti, proprio da una delle strade più importanti e trafficate del centro, vicino ad un negozio di scarpe, parte, a Novara, un piccolo vicolo piuttosto stretto che in un certo qual modo si curva, facendo così in modo da creare un punto in cui non si può essere visti dalla via principale. Qui, proprio dove le vetrine ospitano – lo sguardo di nessuno – piccoli oggetti in pelle e bracciali e borsellini e portadocumenti, qui si trovava lo scopo della deviazione dei tre giovani.
Ivan andò avanti e precedette i suoi due amici, i quali, assolutamente disinteressati al motivo per cui erano arrivati lì, parlavano scherzosamente tra loro, commentando una vecchia pazza vestita da baldracca che avevano appena visto.
Ad un certo punto Ivan si voltò, scuro in volto e chiese che i due rimanessero lì dov’erano, proprio in corrispondenza della piccola deviazione della via.
Non si opposero i due amici e continuarono a parlare senza domandarsi alcunché.

Ivan proseguì e, nell’ombra della sera ormai scesa in quel giorno d’autunno, incontrò qualcuno: Carlotta  e Benedetto non riuscivano a carpire nulla dell’aspetto di questa persona perché, appoggiato ad una vetrina, era avvolto in una tuta larga, che rendeva informe il corpo che ricopriva, lasciando all’apparenza un’insieme di pieghe e pieghette; un cappuccio profondo coronava l’aspetto della persona.

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