Quella sera
faceva freschino in centro, ma, nonostante tutto, la gioventù dei tamarri e
degli zarri si era ritrovata, come sempre, in piazza, con bottiglie e
bicchieri, con in mano sigarette – e altro – sempre accese. Qualche uomo
d’affari attraversava ancora quella mostruosa marmaglia di giovani ubriachi e
strafatti.
Ginevra era
arrivata da circa una mezzoretta con una sua amica e insieme si erano messe a
fumare una cannetta sedute sotto la statua equestre di Vittorio Emanuele. Il
vocio di quell’orda di ragazzini era fastidioso e opprimente, ma ad ogni tiro
quei rumori si allontanavano un poco e la gente attorno non infastidiva più di
tanto i sensi di Ginevra.
In quei momenti,
con lo spinello in mano, seduta sulla fredda pietra sotto un cielo strano di
città inquinata, il tutto perdeva di significato: dimentica di essere figlia di
un animale che si dedicava senza troppi problemi all’alcol, fregandosene di lei
e di suo fratello; dimenticava la terribile notte in qui l’ospedale li aveva
chiamati a casa perché in ospedale sua madre stava lottando tra la vita e la
morte dopo un tremendo incidente con un idiota che aveva bevuto un fottio di
vodka liscia in un bar di un amico; dimenticava che a scuola tutti la odiavano,
che i professori la guardavano come se fosse una sporca lebbrosa da tenere
lontana; dimenticava che tra poco sarebbe diventato effettivo lo sfratto se suo
padre non avesse dimostrato di essere un barbone alcolizzato assolutamente
nullafacente!; dimenticava che giorno dopo giorno le visite degli assistenti
sociali si facevano più insistenti e che ogni volta che si presentavano
ricordavano a lei e suo fratello che presto sarebbero stati sottratti alle
‘grinfie’ di quell’ubriacone; dimenticava … Dimenticava tutto grazie a quel
fumo così strano, quei respiri apparentemente normali, eppure capaci di darle
così tanta pace.
In mezzo a
quell’oblio così piacevole Ginevra osservava attorno a sé la gente che a poco a
poco si ubriacava sempre di più: qualcuno salutava prima di allontanarsi per
raggiungere la discoteca fuori città, qualcun altro arrivava e si metteva a
girare per salutare tutti quelli che conosceva, poi arrivava quelle troietta
vestita – se di vestire si può parlare – con un vestitino che a malapena
copriva le parti intime, tutte traballanti su taccazzi esagerati, scomodi e
assolutamente inumani!
MA guarda un po’
chi si avvicina?
Ginevra avrebbe
riconosciuto quel fare da mignotta tra mille altre donnacce! Quella era Sonia,
quella gran bastarda della sua compagna, che era a capo del gruppo che, nella
classe, la sfotteva e la insultava ogni giorno.
Camminava sui
suoi tacchi da quindici centimetri, le gambe nude, le spalle pure, un vestitino
rosso aderente come non mai che sarebbe stato più adatto in una notte di sesso
‘strano’ che in una serata fresca e autunnale come quella! Era in compagnia del
suo nuovo ‘ragazzo’ – probabilmente il quinto in meno di un mese, al quale
probabilmente già faceva le corna con un sesto.
Era aggrappata a
lui come una micina, un esempio di zoccolaggine come mai se ne erano visti
precedentemente! E faceva finta di essere una povera innocente verginella, con
la sua voce carezzevole e fin troppo dolce!
Il ragazzo era
effettivamente figo, davvero un gran bel pezzo di gnocco, ma ciò era
incomprensibile: lei aveva sicuramente un bel fisico, ma la faccia era davvero
brutta brutta brutta! Comunque quel gran
bel figo era strepitoso e Ginevra sapeva bene che per Sonia quel ragazzo era
l’obiettivo di una vita: erano mesi che stressava chiunque con quel povero
ragazzo che tormentava!
Ebbene, Sonia
stava con lui stasera: mentre a Ginevra le cose vanno sempre peggio, quella
specie di vacca sta per coronare il suo sogno di farsi quello gnocco!
Ecco che Sonia,
dopo aver salutato i suoi amici, si stava riavvicinando all’uomo della sua vita’ pronta a dargli un bacio in bocca e … il
taccazzo si incastra nel selciato e la zoccoletta si accascia con un grido
straordinario! Tutti si precipitarono a vedere cosa fosse successo mentre la
gallinaccia continuava a gridare per il dolore.
Ginevra osservava
in silenzio, seduta e immobile.
Per un attimo
rimase senza fiato.
AHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!
Ginevra rideva,
rideva, rideva e rideva! Non rideva così da secoli!
Nessun commento:
Posta un commento