martedì 28 ottobre 2014

LOL

Quella sera faceva freschino in centro, ma, nonostante tutto, la gioventù dei tamarri e degli zarri si era ritrovata, come sempre, in piazza, con bottiglie e bicchieri, con in mano sigarette – e altro – sempre accese. Qualche uomo d’affari attraversava ancora quella mostruosa marmaglia di giovani ubriachi e strafatti.
Ginevra era arrivata da circa una mezzoretta con una sua amica e insieme si erano messe a fumare una cannetta sedute sotto la statua equestre di Vittorio Emanuele. Il vocio di quell’orda di ragazzini era fastidioso e opprimente, ma ad ogni tiro quei rumori si allontanavano un poco e la gente attorno non infastidiva più di tanto i sensi di Ginevra.
In quei momenti, con lo spinello in mano, seduta sulla fredda pietra sotto un cielo strano di città inquinata, il tutto perdeva di significato: dimentica di essere figlia di un animale che si dedicava senza troppi problemi all’alcol, fregandosene di lei e di suo fratello; dimenticava la terribile notte in qui l’ospedale li aveva chiamati a casa perché in ospedale sua madre stava lottando tra la vita e la morte dopo un tremendo incidente con un idiota che aveva bevuto un fottio di vodka liscia in un bar di un amico; dimenticava che a scuola tutti la odiavano, che i professori la guardavano come se fosse una sporca lebbrosa da tenere lontana; dimenticava che tra poco sarebbe diventato effettivo lo sfratto se suo padre non avesse dimostrato di essere un barbone alcolizzato assolutamente nullafacente!; dimenticava che giorno dopo giorno le visite degli assistenti sociali si facevano più insistenti e che ogni volta che si presentavano ricordavano a lei e suo fratello che presto sarebbero stati sottratti alle ‘grinfie’ di quell’ubriacone; dimenticava … Dimenticava tutto grazie a quel fumo così strano, quei respiri apparentemente normali, eppure capaci di darle così tanta pace.
In mezzo a quell’oblio così piacevole Ginevra osservava attorno a sé la gente che a poco a poco si ubriacava sempre di più: qualcuno salutava prima di allontanarsi per raggiungere la discoteca fuori città, qualcun altro arrivava e si metteva a girare per salutare tutti quelli che conosceva, poi arrivava quelle troietta vestita – se di vestire si può parlare – con un vestitino che a malapena copriva le parti intime, tutte traballanti su taccazzi esagerati, scomodi e assolutamente inumani!
MA guarda un po’ chi si avvicina?
Ginevra avrebbe riconosciuto quel fare da mignotta tra mille altre donnacce! Quella era Sonia, quella gran bastarda della sua compagna, che era a capo del gruppo che, nella classe, la sfotteva e la insultava ogni giorno.
Camminava sui suoi tacchi da quindici centimetri, le gambe nude, le spalle pure, un vestitino rosso aderente come non mai che sarebbe stato più adatto in una notte di sesso ‘strano’ che in una serata fresca e autunnale come quella! Era in compagnia del suo nuovo ‘ragazzo’ – probabilmente il quinto in meno di un mese, al quale probabilmente già faceva le corna con un sesto.
Era aggrappata a lui come una micina, un esempio di zoccolaggine come mai se ne erano visti precedentemente! E faceva finta di essere una povera innocente verginella, con la sua voce carezzevole e fin troppo dolce!
Il ragazzo era effettivamente figo, davvero un gran bel pezzo di gnocco, ma ciò era incomprensibile: lei aveva sicuramente un bel fisico, ma la faccia era davvero brutta brutta brutta!  Comunque quel gran bel figo era strepitoso e Ginevra sapeva bene che per Sonia quel ragazzo era l’obiettivo di una vita: erano mesi che stressava chiunque con quel povero ragazzo che tormentava!
Ebbene, Sonia stava con lui stasera: mentre a Ginevra le cose vanno sempre peggio, quella specie di vacca sta per coronare il suo sogno di farsi quello gnocco!
Ecco che Sonia, dopo aver salutato i suoi amici, si stava riavvicinando all’uomo della sua vita’  pronta a dargli un bacio in bocca e … il taccazzo si incastra nel selciato e la zoccoletta si accascia con un grido straordinario! Tutti si precipitarono a vedere cosa fosse successo mentre la gallinaccia continuava a gridare per il dolore.
Ginevra osservava in silenzio, seduta e immobile.
Per un attimo rimase senza fiato.
AHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!

Ginevra rideva, rideva, rideva e rideva! Non rideva così da secoli!

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