La sala era bianca. Non è facile descriverla perché, davvero, era solo
e soltanto bianca! Un cubo perfetto con soffitto e pavimento e pareti bianchi.
Due porticine affiancate erano chiuse da una tenda, una tenda, ovviamente,
bianca.
La luce veniva dai quattro angoli del soffitto, quattro fari potenti
puntati tutti verso il centro della sala.
Le persone giravano in cerchio, camminando piano, e tutti rivolgevano
il loro sguardo all'incrocio delle luci, nell'immaginario baricentro di tutta
la stanza. Il silenzio era attraversato solo dal rumore amplificato dei passi
che si trascinavano in cerchio.
Qualcuno si muoveva in coppia, altri erano soli, altri in piccoli
gruppetti. Di tutti gli occhi erano rapiti nell'ammirare il centro della sala,
di tutti gli sguardi erano persi e dubbiosi, stupefatti, ma curiosi,
impressionati … e tutti si muovevano in tondo, come fedeli a La Mecca attorno
alla Ka'ba, ma qui non s'innalzavano canti
e preghiere, non si muovevano credenti oranti, ma giovani e vecchi
qualunque, donne e uomini, madri e figli …
Quando qualcuno entrava nella sala veniva trascinato via dal moto
rotatorio, rapito dall'onda di persone che si muovevano in circolo. Per uscire
si passava per la seconda porta, si sfuggiva via da quel girotondo continuo e
si scappava da quel moto perpetuo.
I fari si concentravano e offrivano la loro luce perché tutti
potessero vedere al meglio, perché tutto fosse illuminato e non un'ombra si
mostrasse dove non doveva esserci.
Ogni tanto una mano s'allungava dalla marea e indicava a qualcun altro
un dettaglio, una sfumatura, un particolare appena scoperto; seguivano allora
poche parole, dette di fretta, dette sottovoce, un sussurro svelto che si
perdeva sotto i passi della gente.
Al centro della sala stava lei, sola e ammirata da tutti, unica nella
sua bellezza, nella sua perfezione. Si lasciava carezzare dal calore dei grandi
fari che le scaldavano la superficie, permetteva alla luce di farla risplendere
e si offriva così a tutte le persone che per lei erano accorse.
Era bella e nient'altro, perfetta nella sua perfezione. Ogni occhio
non poteva che fissarsi su di lei, magari per motivi diversi, ma non poteva
sfuggirle! Lo sguardo di quello era shoccato del fatto che una cosa simile
fosse così tanto importante, così tanto 'onorata', quell'altro invece era
totalmente preso dalla sua forma, dalla sua bellezza; c'era qualcuno che la
fissava e intanto ragionava, come se il solo guardarla fosse una domanda
filosofica impossibile, cui qualcuno dovrà pur dare una risposta; qualcuno era
entrato svogliato e si era sorpreso nel vedersi attratto ad osservare qualcosa
di simile, qualcosa che, in un momento diverso, in una situazione diversa, in
un altro luogo avrebbe sicuramente ignorato.
E intano lei era lì, rimaneva lì, immobile, impassibile, bellissima.
Fuori dalla sala c'era la coda per entrare e vederla. Sulla porticina
c'era una scritta che diceva: 'Concetto perfetto (?)'.
Dentro lei aspettava chiunque volesse vederla, una sfera di marmo
bianca, sola in mezzo alla sala, e tutti l'ammiravano.
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