Inspirò profondamente osservando la tela, socchiudendo gli occhi, come se
da un momento all'altro potesse scoppiare in lacrime: inspirò ancora per
tranquillizzarsi, per rilassarsi; tentava di donare al suo animo un po' di
pace, un po' di serenità. Quella sottile linea di occhio bianca si faceva molla
e umidiccia, le lacrime premevano, scongiuravano di poter uscire, di poter
scendere in un solo istante lungo la guancia, solcare la pelle delicata fino a
staccarsene per precipitare nel vuoto e perdersi, perdersi sul maglioncino, o
arrivare fino a terra, chissà.
Inspirò. Tutti coloro che tentano di controllare il pianto inspirano, e
aprono i loro polmoni, li espandono e pensano che quel po' d'aria in più del
solito li possa salvare, li possa aiutare, ma poi si espira, si vomita al mondo
tutta l'aria faticosamente raccolta, e forse ci si illude di star spingendo
fuori di sé tutto il proprio veleno, tutto il proprio male, tutte le proprie ansie:
tutto rimane dentro, tutto non cambia, tutto è come sempre.
Osò riaprire gli occhi, sollevare le palpebre e concedersi ancora quella
vista: subito non vide nulla, solo una macchia sfocata di colori indefiniti,
filtrati attraverso lacrime 'inesplose', osservati attraverso una lente liquida
instabile e precaria.
Strizzò gli occhi e spinse via le lacrime, come fosse un tergicristallo
dotato di una delicatezza tutta nuova, tutta straordinaria: ecco le forme, ecco
i colori con un senso, ecco le pennellate, ecco l'artista che emerge nel
dipinto con la sua personalità, con quello che ha di più intimo, di più
segreto; è qualcosa che va oltre il privato, che si spinge in profondità …
«Tutto ok?» domandò una voce dietro di lui, una voce gentile ed educata.
Si asciugò gli occhi con il dorso delle mani, in un gesto di ordinaria
semplicità, tentando di non farsi notare da chiunque fosse dietro di lui e gli
stesse parlando. Aveva parlato un uomo, una voce calda e rassicurante: sembrò
scortese non rispondere.
«Sì … Ehm, certo! Grazie! Molto gentile» disse voltandosi: si spalmò un
sorriso cortese - troppo cortese - fingendosi sereno.
«Ah bene» gli rispondeva un sorriso allegro, sincero. Era un uomo comune:
alto come una qualsiasi persona normale, robusto come una qualsiasi persona
normale, vestito come una qualsiasi persona normale, gentile come una quals..
no, gentile e basta.
«Arrivederci!» tagliò corto Gabriele cercando una via per allontanarsi
con la testa bassa, cercando di nascondere il proprio volto.
«Arrivederci!» continuò a sorridere l'altro, scostandosi per lasciar
passare il povero imbarazzato, senza mai smettere di sorridere.
Corse in fretta fuori, in cerca di aria, di libertà.
Che sollievo il gelo d'inverno, l'atmosfera ghiacciata che ti abbraccia,
che ti invade ad ogni respiro, che ti entra dentro, e ti scava i polmoni, ti
congela tutto ciò che hai dentro, solo per un attimo - ovviamente - ma in
quell'attimo c'è tutto un mondo di sensazioni, sensazioni meravigliose e
straordinarie, sublimi …
"Uh … meglio … Ah, che fatica: non cedere, non cedere, non cedere!
Cosa dice Agata quando c'ha l'ansia?! 'Respira' … Sì! Fanculo! Come porca
miseria faccio a respirare se riesco a malapena a reggermi in piedi, se a
stento riesco a controllare il mio equilibrio, posso sapere dove dovrei trovare
la forza per impormi di respirare?! Che consigli del cavolo! Uh … ma va meglio
adesso: forse ti dicono 'respira' solo perché
così uno si incazza e trova il modo per sfogarsi attraverso questa
incazzatura! … Uh … com'è bella questa serata! Ma non ho salutato Erica: mica
che poi s'offende; meglio rientrare almeno per dirle che me ne vado"
Fece per muoversi, ma poi si fermò: il lampione vicino a lui
all'improvviso si spense e lasciò nell'oscurità quell'angolo di marciapiede:
ora si vedeva tutta la strada, tutta la processione di lampioni tutti uguali,
tutti con la stessa luce arancione, tutti con lo stesso circolo luminoso ai
propri piedi; sul marciapiede qui e là una cartaccia consumata dai giorni
all'aria aperta ogni tanto si trascinava
dall'aria spostata da una macchina solitaria con le luci spente.
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