Potrei parlarti del
ragazzo di cui mi sono innamorato, descrivere il suo bellissimo viso, i suoi
modi gentili e la sua simpatia; potrei ricordare quei bei momenti passati
insieme, raccontarti una delle tante giornate che abbiamo passato assieme. Mi
vengono in mente tante piccole cose, tanti gesti che i molti non notano. Ma non
posso. Non posso proprio parlarti di questo ragazzo, perché parlandone gli
farei del male, gli farei un torto che non merita - l'amore mio!
Quindi di che cosa
posso parlarti? Ti posso parlare di una sensazione …
Ancora non mi ero
innamorato, ancora la mia mente non era tutta presa dalle dolci sciocchezze
dell'amore ragazzino e il mio cuore non aveva trovato la sua amata ossessione.
Passavo i miei giorni nella muffa, a non far niente, a perdere tempo ascoltando
musica, guardando qualche film, e spesso ignoravo i miei doveri di studente: la
mente non voleva concentrarsi su nulla, solo vagare, indecisa, confusa e
stordita.
Certe volte mi perdevo
anche in qualche riflessione profonda - ch scemo! - e alla fine mi sentivo un
po' come devono sentirsi i filosofi quando completano la loro opera … certe
volte mi sedevo e immaginavo altre vite, altre esperienze che avrei potuto, che
avrei dovuto vivere e che invece m'ero lasciato indietro, che invece avevo
evitato, perduto … certe volte i sogni erano talmente tanto grandiosi che
scoppiavo addirittura a ridere per la mia scemenza!
Spesso i momenti da
filosofo e quelli da sognatore s'incontravano e si sovrapponevano e nascevano
speranze …
Fu in uno di quei
momenti. Ero seduto sul letto, stanco per una lunga giornata, ancor più stanco
al pensiero di dover passare la serata con la famiglia - era un qualche
anniversario dei miei. In casa c'ero solo io e, non so perché - non ricordo
nemmeno a cosa stessi pensando nel mio momento da filosofo -, mi accorsi di
sentire qualcosa … non era il mio cuore ad aspirare a qualcosa, non era la mia
mente a bramare, ma la mia pancia, la mia carne. Dentro di me sentivo questa
voglia, una voglia tutta bestiale, tutta fisica.
Avevo bisogno sentire
tutto il mio corpo, di sentirmi toccato e di toccare: le mie dita fremevano
sopra un corpo che non c'era, il mio petto tremava per un respiro sul collo che
mancava e la mente era annebbiata, era come andata in corto circuito: infinite
informazioni e infiniti pensieri
s'affollavano, ma ognuno sconnesso, ognuno assurdo, ognuno inutile! Il mio
cuore taceva, non osava palpitare nel petto, come se il sangue si muovesse nel
corpo da solo, senza che lui facesse più sforzi.
In bocca la saliva
aumentava e m'imbastava la lingua; avevo bisogno baciare una bocca che non
s'avvicinava alle mie labbra, che non poteva farlo perché non esisteva …
E la pancia spingeva
quella voglia, quella voglia si faceva sempre più violenta, sempre più
prepotente, sempre più crudele.
Non so quanto durò, ma
durò troppo …
Alla fine il mio cuore
riprese a battere e la mia mente ricominciò a pensare. La pancia era di nuovo
muta … Il respiro tornò piano ad essere calmo.
Ed eccola! La
sensazione!
In gola saliva un
gusto strano, un sapore nauseante, vomitevole. Le labbra si piegavano in una
smorfia e il petto doleva per la contrazione di tutti i muscoli.
Lo schifo.
Mi sentivo lurido,
putrido, schifoso, immerdato della sporcizia più orribile, una carogna in
decomposizione che nemmeno gli avvoltoi hanno il coraggio di avvicinare. Saliva
dalla gola quella sensazione, riempiva la bocca ed era … schifo …
Cosa avevo fatto?
Quale orribile azione? Di che colpa m'ero macchiato?
Lo schifo.
Oggi quella sensazione
non c'è più …
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