martedì 10 febbraio 2015

LA LEGGENDA DEI DREIMAS

Lontano, nel mare dinnanzi alle Terre Solitarie c’è una piccola isola, arida e deserta, un semplice ammasso di roccia scura e fredda battuta da onde gelate e violente. Nessuno degli uomini ha mai osato sbarcarvi, anche a causa degli scogli acuminati che ‘sorvegliano’ le acque circostanti; gli Elfi hanno sempre ignorato questo scoglio e ogni qual volta si avvicinavano alla costa badavano a tenersi molto lontano da quel luogo insidioso.
Quest’isoletta miserrima, però, è un luogo davvero particolarissimo e quasi miracoloso,  ma è bene precisare che quello che si racconta proviene da testimonianze – forse non affidabilissime in verità – di fortunati naufraghi sopravvissuti a tempeste e scogliere avverse.
Bene, i superstiti dicono che quando si trovarono a galleggiare vicino a queste rocce taglienti iniziarono a pregare in ogni possibile lingua, ogni possibile religione e credo diveniva il loro, magari per pochi istanti: davanti alla morte il rimorso di una vita non sempre virtuosa prende chiunque, e chiunque tenta di porvi rimedio con gli ultimi respiri.
In particolare un uomo racconta di essersi accorto, proprio davanti a quelle rocce nere, proprio in mezzo a onde alte e violente come non mai, di non aver mai riflettuto sulle sue azioni in maniera profonda, di essersi sempre interessato solo al proprio piacere e al proprio benessere, spesso maltrattando anche i propri principi morali, sostituendoli con nuovi principi, che - parole sue - 'non meritano di essere definiti morali'.
Ebbene, dinnanzi alla morte, intenti a pregare e pentirsi, tentando in tutti i modi di rimanere a galla contro la furia dei cavalloni, i superstiti raccontano che a un certo punto il cielo sopra di loro sia sparito, inghiottito anch'esso nella furia dell'acqua gelida.
"Il mio corpo lo sentivo non più ghiacciato, e tutto ad un tratto mi resi conto di sentire ancora le dita attaccate ai piedi, e non congelate: in questo nuovo calore il mio corpo sprofondava nelle onde e scendeva sempre più giù nelle profondità dell'acqua; il cielo non lo vidi più e le rocce che tanto temevo, lame taglienti che sapevo mi avrebbero dato una morte dolorosissima, erano sparite anch'esse"
Tutti concordano su questo fatto: ad un certo punto non lottavano più per rimanere a galla, ma semplicemente affondavano nelle acque scure, senza affogare!
"Ricordo di aver pensato di essere già morto, ma sotto sotto sentivo che in realtà non ero affatto affogato, anzi: era come se fossi rinato; nelle braccia risentivo la forza che avevo avuto sulle tolde delle navi e nelle gambe mi sentivo scorrere quel vigore che avevo sempre usato per mantenermi in  equilibrio nelle mattine ventose"
"A un tratto mi accorsi di essere forte, come se tutto il tempo passato a lottare contro le onde per mantenermi a galla non fosse mai esistito: più affondavo nell'acqua e più mi sentivo forte, vigoroso. Però, ora che ci penso, mi accorgo che mai, in quei momenti, mi venne la voglia di usare queste nuove forze per riemergere …"
"Ad un certo punto ricordo di essere stato nella più completa oscurità: so per certo che non ero io ad aver chiuso gli occhi! Tutto era nero, non vedevo altro che nero. Dopo poco - non so come - mi parve di aver smesso di sprofondare,  sentii immobile nell'acqua. E fu qui che l'oscurità iniziò a disperdersi, a schiarirsi, illuminata da una luce lontana, da un raggio bianco e luminoso che attraversava l'acqua come un raggio di sole attraversa l'aria e il vetro: intorno a me si muovevano tanti piccoli pesciolini argentei, piccoli quanto la falange più piccola di un mio dito! Nuotavano incessantemente, colpiti dal fascio luminoso: riflettevano dovunque un luccichio accecante, prezioso …"
"I pescetti mi circondavano luminescenti, scintillanti come tante piccole pietruzze illuminate dal sole. Non capivo da dove provenisse la luce, ma ad un certo punto i pesci si allontanarono da me e, credei, si mossero verso quella fonte di luce. Quando dietro di me mi accorsi di non avere più nulla perché tutti i pesci erano corsi dalla parte opposta, mi voltai e fui investito da un altro raggio di luce: pensai di essere diventato cieco! Ricordo che mi stropicciai gli occhi violentemente e che allungai la mano aperta per pararmi da quella luce, ma niente: qualsiasi cosa facessi la luce continuava ad investirmi con violenza! Passai molto tempo ad agitarmi e probabilmente sarei andato avanti per l'eternità se ad un tratto qualcosa non mi si fosse parato davanti: era un corpo sinuoso e lungo, morbido, con delle lunghe pinne sinuose quasi trasparenti che partivano dal corpo e si allungavano molli nell'acqua: una sorta di lunga coda simile a quella delle Sirene del Perse e con un busto muscoloso come quello dei Centauri di Lama, ma al posto delle braccia si trovavano lunghe pinne, come quelle che ho descritto prima …"
"Non aveva un vero e proprio volto,cioè, non saprei come descriverlo: era una testa, indubbiamente, ma non come quelle dei tritoni o delle sirene, non come le nostre; non aveva capelli, né bocca, né orecchie: dove sarebbero dovute essere le orecchie partivano due pinne trasparenti lunghe e sinuose. Aveva - lo ricordo bene questo - gli occhi: due occhi grandi e spalancati, che - posso giurarlo! - credei fossero pietre preziose per la loro forma e bellezza.
Dopo questa vista mi resi conto che la creatura non era sola, bensì accompagnata da una immensa schiera di suoi simili, tutti con quegli occhi così grandi e belli rivolti verso di me.
Fu questione di un attimo e mi accorsi che in qualche modo stavano parlano, anzi, non parlando, ma cantando: nelle mie orecchie risuonavano versi mai sentiti, ma melodiosi, dolcissimi. Non so se quei versi significassero qualcosa, ma so che ora, ripensandoci, non saprei nemmeno ripetere quei suoni: come se quei suoni non fossero di questo mondo!"
"Mi ritrovai a desiderare di ascoltare quelle melodie all'infinito, e fu un immenso dispiacere quando il loro canto  s'interruppe: 'Straniero - iniziai a sentire nelle mie orecchie - noi siamo i Dreimas, viviamo quaggiù: fossi annegato poco più lontano da queste rocce saresti morto, ma la Regina ti ha fatto scendere nelle acque  profonde troppo vicino a queste rocce … Non morirai! Qui nessuno può morire, nessuno può rovinare la purezza di queste acque con la morte della carne. Hai conosciuto il nostro aspetto e il tuo cuore ti spingerà a fare conoscere a tutti quello che hai visto: va', vivi ancora per qualche tempo, la Signora non ha ancora fissato il tuo tempo."
"Non saprei dire cosa successe dopo: mi svegliai su una spiaggia delle Terre Solitarie. Vivo!"

Nemmeno gli Elfi conoscono la risposta alle domande 'Cosa sono i Dreimas? Cosa fanno laggiù?', però in molti hanno sperato di dare una risposta a queste domande: qualcuno si  è anche gettato volontariamente in quelle acque. Ma chiunque si sia gettato volontariamente vicino a quelle rocce è poi morto, o scomparso …

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