Il film sarebbe
cominciato presto, ormai tutti in sala erano seduti e di lì a poco si sarebbero
spente le luci e il rumore dei trailer avrebbe soffocato ogni rumore estraneo.
Noi occupavamo una
fila: era una di quelle uscite 'generali' che coinvolgono vere e proprie
carovane di macchine che si spostano l'una dietro l'altra, prima al cinema, poi
a cena in qualche locale, poi, per i più coraggiosi, ci sarebbe stata anche la
nottata in discoteca. La nostra 'organizzatrice' era, ovviamente, seduta a capo
della fila, vicino alle scale, come una maestra delle elementari che va in giro
con i suoi pargoli e li deve tenere d'occhio sempre e comunque.
Noi eravamo
tranquilli, rilassati e stravaccati sulle nostre poltrone, incuranti di tutti
gli altri ch'erano nel cinema: tutta la sala era come se fosse solo per noi, e
forse sembravamo maleducati, ma di certo eravamo felici.
Al mio fianco c'era
una mia cara amica che aveva insistito perché stessimo vicino, perché lei 'aveva
paura' (manco fossimo andati a vedere un horror!), ma davvero le volevo bene,
nonostante le sue isterie, quindi l'avevo accolta volentieri vicino a me: era
seduta tutta storta, appoggiata tutta sul bracciolo che avevamo in comune, già
a sgranocchiare i popcorn - io i miei li avevo sapientemente nascosti alla mia
vista così che non iniziassi subito a mangiarli, ancor prima che cominciasse il
film.
Dall'altra parte
doveva sedersi un'altra ragazza, giusto perché così fossi beato tra le donne -
come se a me interessasse poi qualcosa - e
in quel momento lei era a parlare poche poltrone più lontana.
«Ho già chiesto a **:
a te dispiace se mi siedo io qui?»
Non sapevo cosa
rispondere, cioè lo sapevo benissimo ma non avevo la capacità di esprimermi. A
lui non parve importare poi molto la mia risposta: sedette e si accomodò,
spostando lontano le cose di ** per far posto alle sue.
Una sua gamba
continuava a tremolare, quasi saltellasse e il suo ginocchio sfiorava un po' il
mio polaccio, ovviamente penzoloni dalla gamba accavallata.
Taceva, scorrendo con
il pollice sottile e magro sullo schermo del suo telefono le immagini e le
notifiche. La sinistra la teneva vicino alla bocca e con quel pollice ripassava
la forma delle labbra, sentendo ogni rughetta con la falange delicata.
La luce si spense in
tutta la sala e tutti presero posto.
Tirai fuori dal
'nascondiglio' i miei popcorn e mi preparai a godere di quel gusto salato e
insieme insipido di quella strana spugnetta croccante.
Per tentare di stare
lontano dalla mia amica almeno un poco, mi spinsi verso il lato opposto del
sedile, senza nemmeno pensare che c'era lui oltre il bracciolo.
Appoggiai il mio
gomito iniziai a osservare le pubblicità, ben presto iniziarono i titoli.
Si appoggiò anche lui,
nel poco spazio rimasto del bracciolo pose il suo gomito appuntito e mosse il
suo capo verso il mio. Le nostre teste erano vicine, a pochi centimetri l'una
dall'altra, l'una a fianco dell'altra, entrambe rivolte verso lo schermo,
entrambe ignare e inconsapevoli di chi stava a fianco.
Il film era ormai sul
punto di iniziare e, come da abitudine, mi volsi indietro per dare uno sguardo
alla sala silente, scrutando nella semioscurità tutti i visi attenti - i volti
delle persone che guardano un film dovrebbero essere oggetto di uno studio del
tutto particolare da parte dei pittori, degli scultori e degli psicologi: sono
un fenomeno!
Girai il mio sguardo
rapidamente, sorridendo di qualche smorfia decisamente comica, ma poi mi spinsi
in avanti, a osservare i miei vicini e vidi: il suo orecchio piccolo e fine
libero dai capelli, sapientemente rasati corti corti.
Era tutto intento,
quasi arrabbiato: la fronte contratta e corrugata, attenta e severa nello
scorrere ogni immagine che passava sullo schermo.
Il suo collo lungo era
immobile e rigido, teso in avanti verso il film.
Per quello spettacolo
avrei volentieri dimenticato del film, volentieri mi sarei fermato a fissarlo
per tutta la durata della proiezione, e lo avrei fatto, probabilmente, se non
avessi avuto vicino un'amica che, come fanno spesso le amiche, intervengono nei
momenti sbagliati.
«Hai un po' d'acqua?»
«No»
«Qualcosa da bere?»
«No: guarda il film e
cerca di non pensare alla sete ché poi ti passa!» risposi in maniera secca,
fingendo di essere dispiaciuto di non poter sentire il film.
Mi rimisi appoggiato
al bracciolo che condividevo con lui, ma non ritrovai il suo volto vicino:
s'era appoggiato dall'altra parte.
Mi dispiacque e in me
rinunciai a osservare lui: rivolsi la mia attenzione al film.
Non mi accorsi di
nulla, perso nel film, finché non sentii la sua voce che mi diceva: «Posso
rubarti due popcorn?». Era a fianco a me, pochi centimetri l'uno dall'altro,
sentivo il suo fiato e il suo calore, il respiro leggero e delicato. Gli porsi
i popcorn e ci sorridemmo, lui per ringraziare, io perché era lui.
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