domenica 15 febbraio 2015

LUI (4)

Il film sarebbe cominciato presto, ormai tutti in sala erano seduti e di lì a poco si sarebbero spente le luci e il rumore dei trailer avrebbe soffocato ogni rumore estraneo.
Noi occupavamo una fila: era una di quelle uscite 'generali' che coinvolgono vere e proprie carovane di macchine che si spostano l'una dietro l'altra, prima al cinema, poi a cena in qualche locale, poi, per i più coraggiosi, ci sarebbe stata anche la nottata in discoteca. La nostra 'organizzatrice' era, ovviamente, seduta a capo della fila, vicino alle scale, come una maestra delle elementari che va in giro con i suoi pargoli e li deve tenere d'occhio sempre e comunque.
Noi eravamo tranquilli, rilassati e stravaccati sulle nostre poltrone, incuranti di tutti gli altri ch'erano nel cinema: tutta la sala era come se fosse solo per noi, e forse sembravamo maleducati, ma di certo eravamo felici.
Al mio fianco c'era una mia cara amica che aveva insistito perché stessimo vicino, perché lei 'aveva paura' (manco fossimo andati a vedere un horror!), ma davvero le volevo bene, nonostante le sue isterie, quindi l'avevo accolta volentieri vicino a me: era seduta tutta storta, appoggiata tutta sul bracciolo che avevamo in comune, già a sgranocchiare i popcorn - io i miei li avevo sapientemente nascosti alla mia vista così che non iniziassi subito a mangiarli, ancor prima che cominciasse il film.
Dall'altra parte doveva sedersi un'altra ragazza, giusto perché così fossi beato tra le donne - come se a me interessasse poi qualcosa - e  in quel momento lei era a parlare poche poltrone più lontana.
«Ho già chiesto a **: a te dispiace se mi siedo io qui?»
Non sapevo cosa rispondere, cioè lo sapevo benissimo ma non avevo la capacità di esprimermi. A lui non parve importare poi molto la mia risposta: sedette e si accomodò, spostando lontano le cose di ** per far posto alle sue.
Una sua gamba continuava a tremolare, quasi saltellasse e il suo ginocchio sfiorava un po' il mio polaccio, ovviamente penzoloni dalla gamba accavallata.
Taceva, scorrendo con il pollice sottile e magro sullo schermo del suo telefono le immagini e le notifiche. La sinistra la teneva vicino alla bocca e con quel pollice ripassava la forma delle labbra, sentendo ogni rughetta con la falange delicata.
La luce si spense in tutta la sala e tutti presero posto.
Tirai fuori dal 'nascondiglio' i miei popcorn e mi preparai a godere di quel gusto salato e insieme insipido di quella strana spugnetta croccante.
Per tentare di stare lontano dalla mia amica almeno un poco, mi spinsi verso il lato opposto del sedile, senza nemmeno pensare che c'era lui oltre il bracciolo.
Appoggiai il mio gomito iniziai a osservare le pubblicità, ben presto iniziarono i titoli.
Si appoggiò anche lui, nel poco spazio rimasto del bracciolo pose il suo gomito appuntito e mosse il suo capo verso il mio. Le nostre teste erano vicine, a pochi centimetri l'una dall'altra, l'una a fianco dell'altra, entrambe rivolte verso lo schermo, entrambe ignare e inconsapevoli di chi stava a fianco.
Il film era ormai sul punto di iniziare e, come da abitudine, mi volsi indietro per dare uno sguardo alla sala silente, scrutando nella semioscurità tutti i visi attenti - i volti delle persone che guardano un film dovrebbero essere oggetto di uno studio del tutto particolare da parte dei pittori, degli scultori e degli psicologi: sono un fenomeno!
Girai il mio sguardo rapidamente, sorridendo di qualche smorfia decisamente comica, ma poi mi spinsi in avanti, a osservare i miei vicini e vidi: il suo orecchio piccolo e fine libero dai capelli, sapientemente rasati corti corti.
Era tutto intento, quasi arrabbiato: la fronte contratta e corrugata, attenta e severa nello scorrere ogni immagine che passava sullo schermo.
Il suo collo lungo era immobile e rigido, teso in avanti verso il film.
Per quello spettacolo avrei volentieri dimenticato del film, volentieri mi sarei fermato a fissarlo per tutta la durata della proiezione, e lo avrei fatto, probabilmente, se non avessi avuto vicino un'amica che, come fanno spesso le amiche, intervengono nei momenti sbagliati.
«Hai un po' d'acqua?»
«No»
«Qualcosa da bere?»
«No: guarda il film e cerca di non pensare alla sete ché poi ti passa!» risposi in maniera secca, fingendo di essere dispiaciuto di non poter sentire il film.
Mi rimisi appoggiato al bracciolo che condividevo con lui, ma non ritrovai il suo volto vicino: s'era appoggiato dall'altra parte.
Mi dispiacque e in me rinunciai a osservare lui: rivolsi la mia attenzione al film.

Non mi accorsi di nulla, perso nel film, finché non sentii la sua voce che mi diceva: «Posso rubarti due popcorn?». Era a fianco a me, pochi centimetri l'uno dall'altro, sentivo il suo fiato e il suo calore, il respiro leggero e delicato. Gli porsi i popcorn e ci sorridemmo, lui per ringraziare, io perché era lui.

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