giovedì 3 settembre 2015

CONSIDERAZIONI ATTORNO AI FATTI DELL'IMMIGRAZIONE

Non parla un cristiano, parla una persona. Una persona, dico, perché non ho intenzione di definirmi uomo: se l'uomo è questo, allora preferirei essere chiamato 'cornacchia' o 'lumaca'. Succede qualcosa nel mondo, qualcosa di estremamente importante, qualcosa che non solo deve sconvolgere la nostra anima, ma che piuttosto dovrebbe svegliare le nostre menti sopite da tanto e tanto tempo: sembra fin troppo facile richiamarsi alle emozioni suscitate da certi orribili spettacoli che la nostra epoca è riuscita a creare, e quindi è bene sottolineare, io credo, che non è solo il nostro cuore ad essere chiamato in causa. Mi spiego. I grandi politicanti (politicucci da meno di quattro soldi) parlano in 'difesa di identità nazionali', perché questa immigrazione ci distrugge l'economia, ci toglie il lavoro, ci distrugge la cultura e altre (immani) idiozie che riempiono sempre di più i nostri già malati MEDIA. Qua l'economia, l'utile e il guadagno non c'entrano un tubo! Si tratta di uomini, i quali scappano, scappano impauriti e, terrorizzati, affrontano il loro viaggio della vita (un viaggio che non potremmo augurare nemmeno ai nostri peggiori nemici). Sono uomini; non voglio pensare alle loro lacrime, non voglio pensare alle loro famiglie, a quelle famiglie distrutte e inghiottite da un flutto troppo violento contro un altrettanto troppo fragile barcone, a quei disperati asfissiati nelle pance di vecchie navi sbilenche o di rumorosi tir su un'autostrada. Voglio pensare al di là di quegli occhi pieni di paura dopo una notte di tempesta, al di là di quegli occhi che sono la vergogna per l'intero genere umano, perché sono un crimine, un crimine sulla nostra fedina di uomini 'civilizzati'! Vorrei pensare solo agli uomini e dimenticarmi della mia emotività, rinunciando a commuovermi. Vorrei, davvero, fare un discorso sensato e freddamente logico, distaccato e oggettivo, eppure eccomi qui, è chiaro che io sia ricaduto nelle mie stesse lacrime: incredibilmente la mia coscienza rimane desta e continua voler parlare, continua a voler disperarsi nell'accorgersi che troppa gente riesce a ignorare quelle vite, vite uguali alla mia e alla tua, alla tua, a quella di te che ti nascondi dietro una scrivania, impaurito da questa crisi che potrebbe spazzarti via quel tavolino in una stanza con ventilatore - tu soffri, hai paura, e più di te soffre chi il lavoro già non ce l'ha più, le file di poveri che s'accrescono alle mense, ma più di tutti voi, più di tutti noi soffre qualcun altro: non esistono sofferenze di serie A o di serie B (forse questa Europa e questo mondo dovrebbe dimenticarsi del Calciomercato per una volta!!), ma esistono sofferenze che possono essere combattute con decisione e questo è un caso. La sofferenza di quegli uomini, di quelle donne, di quei bambini che dall'Africa e da una certa parte dell'Asia cercano rifugio qui, questa sofferenza può, e deve, essere combattuta.
Che sciocche e lacrimevoli parole ho accumulato fino ad ora: che senso a lagnarsi tanto? Sembriamo tutti così dannatamente paralizzati, incapaci di qualsiasi minima decisione. E siamo contenti, stranamente soddisfatti di tutto ciò: certo, ora tutti invocano una soluzione, ma la soluzione vuole essere 'diplomatica' … diplomatica?! Cosa significa questo termine tanto affascinante? Non invoco una guerra, ma mi piacerebbe scoprire il significato di una simile parola così misteriosa, una parola che è in grado di significare tutto e niente. Cosa sta dietro questa diplomazia che si vuole invocare adesso? La diplomazia ha senso tra due Stati sovrani, ma qui stiamo parlando di questo? O stiamo forse parlando di un'emergenza globale, di una tragedia mostruosa che coinvolge il pianeta intero, sconvolgendone quei miseri equilibri che, nonostante grandemente instabili, avevano promesso un po' di pace? Parliamo di una fine, la fine di tutto ciò che è stato fino ad oggi e abbiamo bisogno di qualcosa che sia concreto! Cosa? Già, cosa potrebbe accadere perché tutto questo finisse? è difficile, in fondo chi sono io, uno sciocco; eppure questo sciocco - e, se c'è riuscito lui, perché non ci dovrebbero riuscire tanti altri? - ha capito che basterebbe un minimo di libertà, non solo da quei dittatori, ma da logiche economiche folli. Non voglio parlare da cristiano, voglio parlare da persona. Voglio provare ad essere un uomo.

«Questo è il succo dei miei insegnamenti: comportati con il tuo inferiore come vorresti che il tuo superiore agisse con te. Tutte le volte che ti verrà in mente quanto potere hai sul tuo schiavo, pensa che il tuo padrone ha su di te altrettanto potere. "Ma io", ribatti, "non ho padrone." Per adesso ti va bene; forse, però lo avrai. Non sai a che età Ecuba divenne schiava, e Creso, e la madre di Dario, e Platone, e Diogene? Sii clemente con il tuo servo e anche affabile; parla con lui, chiedigli consiglio, mangia insieme a lui»

Lucio Anneo Seneca, epistola 47

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